- Pubblicato in Sociale
La nuova crisi 2020
di Abel Castillo
di Abel Castillo
di Renato Gatti
Per Marx la ricerca scientifica si compone di due momenti. Il primo, dal concreto all’astratto, resta insufficiente e richiede un secondo passaggio (astratto-concreto) in cui questa generalizzazione mentale, che riflette pur sempre una generalizzazione reale, viene indagata nella sua peculiarità, in quanto l’elemento costante è sempre frutto di combinazioni diverse e risponde a leggi sempre differenti. L’astrazione determinata è formata dai due processi. Si può affermare che il concreto nel pensiero si attui mediante l’astratto: “Il pensiero salendo dal concreto all’astratto, non si allontana – quando sia corretto – dalla verità, ma si avvicina a essa” [Lenin].
di Giandiego Marigo
Una doverosa riflessione andrà pure fatta sulla realtà, ormai affermata, delle distanze sociali (e del divieto, sempre presente, di assembramento, ma soprattutto della sua interpretazione). Al di là ed al di fuori di qualsiasi emergenza, vera o presunta e di un allarme a tratti eccessivo e strumentale, sfruttato per il controllo e per disciplinare il consenso.
di Maddalena Celano
Quando la crisi impone la fatalità della scelta
Durante la quarantena, mentre riordinavo la mia videoteca, scorgo un vecchio film cubano che mi piacque molto, in tempi non sospetti: Lista d’ Attesa.
Il film è ambientato a Cuba, nei primi anni ’90, durante il “periodo especial”, periodo in cui la società cubana subì una grande crisi con conseguente e repentino impoverimento/pauperizzazione di tutta la sua popolazione.
di Renato Gatti
Scrive Gramsci commentando la crisi del ’29 (pagina 1756 nell’edizione Gerratana):”
“Si potrebbe allora dire, e questo sarebbe il più esatto, che la crisi non è altro che l’intensificazione quantitativa di certi elementi, non nuovi e originali, ma specialmente l’intensificazione di certi fenomeni, mentre altri che prima apparivano e operavano simultaneamente ai primi, immunizzandoli sono divenuti inoperosi o sono scomparsi del tutto. Insomma lo sviluppo del capitalismo è stato una continua crisi, se così si può dire, cioè un rapidissimo movimento di elementi che si equilibravano. Ad un certo punto, in questo movimento, alcuni elementi hanno preso il sopravvento, altri sono spariti o sono divenuti inetti nel quadro generale. Sono allora sopravvenuti avvenimenti ai quali si dà il nome specifico di crisi, che sono più gravi, meno gravi appunto secondo che elementi maggiori o minori di equilibrio si verificano”.
di Renato Gatti
Un tentativo serio di andare a scavare sulle cause e i meccanismi della crisi del 2007, una condivisione sulle ragioni di quella crisi che tuttore perdura non è ancora stata fatta. Mi fa piacere quindi esaminare l’articolo di Vladimiro Giacchè all’interno del libro Quodlibet “Karl Marx e la crisi”.
di Renato Gatti
L’irrisolta crisi del capitalismo finanziario
Dieci anni fa vivevamo la più grande crisi del capitalismo dopo il 1929; le illusioni create dal capitalismo finanziario si scontravano con la dura realtà di un mondo reale che, prima o poi, smaschera le vacue creazioni di valori senza un supporto reale; le dottrine dei nuovi economisti, dei teorici statistici valutatori dei rischi che predicano la diffusione universale del rischio come presupposto dell’eliminazione del rischio stesso, si dissolvono come cera al sole nel disastro dei titoli tossici e dei derivati; le ipocrisie di agenzie di rating assurte a giudici indiscutibili della vitalità delle istituzioni vengono derise e smascherate da fallimenti di titoli pur valutati con la tripla A; in fondo crolla il modello nato dopo l’annuncio di Nixon, nel 1971, sulla fine della convertibilità del dollaro lasciandoci abbandonati a crolli e fallimenti che facevano temere, come poi in effetti accadde, una falcidia di dimensioni mai viste senza una speranza di una soluzione, senza una possibilità di indicare una strada.