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Gli interessi delle classi sociali In evidenza

Gli interessi delle classi sociali

di Clara Treves

Nell’articolo precedente abbiamo parlato delle classi nella società borghese. Ripetiamo, ci sono tre classi: la borghesia, piccola borghesia e il proletariato. Adesso parliamo degli interessi di queste classi e della lotta tra di loro. Prima di tutto bisogna dire che c’è una lotta economica, politica e ideologica.
La borghesia formula quelle idee che le permettono di realizzare i suoi interessi economici.

In tutta onestà, va detto che c’era un periodo storico in cui la borghesia era la portatrice delle idee avanzate. Questi sono i tempi della sua lotta con il feudalesimo, contro la nobiltà e i signori feudali. La borghesia voleva liberare l'intera società dalle catene del Medioevo, dal predominio della religione nell'ideologia. I filosofi borghesi scoprirono l'esistenza delle classi e svilupparono una teoria della lotta di classe, per far capire che non solamente la nobiltà (“il sangue blu “) poteva governare lo Stato. La borghesia era per lo sviluppo della scienza, della tecnologia, della conoscenza.

Friedrich Engels così descriveva il ruolo storico della borghesia:
«Concentrare questi mezzi di produzione sparpagliati e ristretti, estenderli, trasformarli nelle leve potentemente efficienti della produzione attuale: questa è stata precisamente la funzione storica del modo di produzione capitalistico e della classe che lo rappresenta, la borghesia.» [1]

Ai nostri giorni (almeno gli ultimi 100 anni), la maggioranza della borghesia non solo non lavora alle proprie produzioni, ma nemmeno le gestisce, delegando la gestione ai dirigenti.

Ecco come descrive il capitalismo Vladimir Majakovskij il poeta proletario:

«Nei suoi giovani anni,
un qualsiasi intraprendente ragazzo
era il capitalismo;
primo nella fatica, non aveva timore che il lavoro
gli insudiciasse la camicia.
[...]
Ora per lui lavora lo schiavo.
Sfruttando, mangiando, dormendo,
s'è fatto grasso e animoso.
Ma già si dissecca
e giace traverso sul cammino della storia,
facendo del mondo il suo letto.
Non è possibile evitarlo,
non è possibile girargli a lato.
L'unica via d'uscita
è quella di farlo saltare.» [2]

La borghesia ha l’interesse di conservare e mantenere l'ordine esistente, la sua dittatura. La democrazia borghese è una forma di dittatura borghese, però nascosta.
Ogni Stato borghese si professa Stato di tutto il popolo. Le elezioni parlamentari creano l'illusione della scelta, della partecipacione di tutti. In realtà, qualsiasi elezione è una competizione tra i portafogli.
«Marx afferrò perfettamente questa caratteristica essenziale della democrazia capitalistica, quando, nella sua analisi dell’esperienza della Comune, disse:
agli oppressi è permesso di decidere, una volta ogni qualche anno, quale fra i rappresentanti della classe dominante li rappresenterà e li opprimerà in Parlamento!» [3]

Poi Lenin continua:
“O la dittatura della borghesia, dissimulata dalle Assemblee costituenti, da ogni sorta di elezioni, dalla democrazia e dalle altre menzogne borghesi con cui acciecano gli imbecilli e di cui possono far mostra e menare vantosolo degli individui che sono interamente e su tutta la linea dei rinnegati del marxismo, dei rinnegat del socialismo; o la dittatura del proletariato.” [4]

Cosa deve fare la borghesia per difendere il suo dominio? È necessario nella sfera dell'ideologia convincere tutti che il mondo è organizzato allo stesso modo della società borghese e che non può esserci un'altra società. Che non ci possono essere socialismo e comunismo.
Nel 1992 è stato pubblicato un libro dello scienziato americano di origine giapponese Francis Fukuyama "La fine della storia e l'ultimo uomo".
L’idea principale di questo libro è che il capitalismo è la fine della storia. Nel senso che si completano i passaggi da una formazione all'altra, siamo arrivati ​​alla formazione più alta, quella borghese, ed è qui che finisce la storia dello sviluppo della società.

Poi, esiste una classe abbastanza ampia che occupa una posizione intermedia e viene chiamata la "piccola borghesia".
Il piccolo borghese è colui che lavora con le proprie mani e con i propri mezzi di produzione per poi vendere il prodotto realizzato Pertanto, la sua posizione è ambigua. Da un lato è un operaio, dall'altro si sforza di diventare un proprietario vero, in sostanza, uno sfruttatore. Cioè, diventare un capitalista.
Quindi, la dualità della sua posizione porta al fatto che da un lato, percepisce le idee della classe operaia, e ha i pensieri nella sua mente che sono consonanti con le idee che difende la classe operaia, ma nello stesso momento ha nella sua propria menta le idee che difendono la borghesia.
Ecco perché, quando si considerano le idee dei piccolo borghesi, dobbiamo affermare che lì regna il "casino". "Casino" perché ci sono idee borghesi, proletarie, socialiste e antisocialiste. Pertanto, non esiste un'ideologia speciale piccolo-borghese.

La borghesia promuove, in ogni modo possibile, in tutte le forme a sua disposizione, le sue idee e giustifica l'appropriazione del lavoro non pagato degli altri, lo sfruttamento. La propaganda borghese diviene più diffusa soprattutto durante le elezioni. Queste idee sono incorporate nella maggior parte delle teste.
Pertanto, è molto ingenuo pensare che l'opposizione alla propaganda borghese attraverso la lotta ideologica da parte della classe operaia porterà al dominio dell'ideologia proletaria in una società borghese. Inoltre, tutti i mezzi di ampia diffusione delle idee sono nelle mani della borghesia. Come dice la teoria marxista: l'essere sociale determina la coscienza sociale. Se l'essere è borghese, allora nella maggior parte delle teste le idee saranno anche borghesi. Tuttavia, non di tutti.
La propaganda della borghesia e la sua lotta ideologica non regnano in modo assoluto. Le idee proletarie e socialiste, le idee di verità, le idee di cognizione, le idee scientifiche, le idee di vera scienza penetreranno nella società. Troveranno sempre un posto nel quadro della società borghese. Questa società non è eterna, sarà necessariamente sostituita da una formazione superiore, perché questa è una caratteristica del capitalismo stesso. Il capitalismo stesso organizza la classe operaia. Il capitalismo disciplina la classe operaia, la educa.

«... la città derubava e saccheggiava
e impinguava l'obesa pancia
delle sue casseforti.
Ma intanto,
gobba sui torni e macilenta,
nasceva la classe operaia…» [5]

L'interesse principale della classe operaia è quello di abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione, il che porterà all'abolizione dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo e alla costruzione di una società senza classi.
La classe operaia realizza i suoi interessi conducendo una lotta ideologica, economica e politica.
La lotta ideologica consiste nella formulazione, convalidazione, riflessione su un'idea che risponde alla domanda "cosa fare?" Questa idea dovrebbe almeno penetrare nelle teste dell'avanguardia della classe operaia. Deve essere sostenuta dai rappresentanti più avanzati di tutti gli altri strati e classi della società.
La lotta per le idee del socialismo e del comunismo ha un’importanza colossale. Inoltre, la promozione di queste idee non è vietata in nessun paese dove vi è una democrazia borghese.
Economicamente, bisogna lottare per il miglioramente della situazione della classe operaia, usando le leggi e le norme legali dello Stato borghese.

La storia del movimento operaio mostra che quando non ci sono gli scioperi e non c'è la lotta ampia della classe operaia, il livello della vita si abbassa e risale appena iniziano gli scioperi.
È importante portare i salari al livello del costo del lavoro attraverso ogni tipo di azione collettiva, altrimenti la classe operaia vivrà nelle peggiori condizioni di fame e miseria. I più poveri non possono lottare bene. I poveri e gli affamati non sono il proletariato, loro sono il proletariato lumpen (il sottoproletariato). Il proletariato lumpen include: vagabondi, mendicanti, criminali, prostitute. Queste persone non hanno i mezzi di sussistenza e non sono capaci di fare la lotta seria.
La classe operaia che si solleva per lottare, deve garantire a se stessa un'esistenza normale.
Ma i salari al livello del costo del lavoro non sono l'obiettivo principale della classe operaia. Dopo tutto, ottenerli non elimina lo sfruttamento.
Rimangono il plusvalore, lo sfruttamento, cioè l'appropriazione del lavoro non pagato degli altri. Rimane la contraddizione principale: tra la natura sociale della produzione e la forma privata di appropriazione.
La classe operaia non può limitarsi a lottare semplicemente per i salari più alti. Deve realizzare il trasferimento di tutti i mezzi di produzione in modo rivoluzionario nelle mani dell'intera società, creare proprietà pubblica, creare una società basata sulla proprietà pubblica dei mezzi di produzione.
Il compito della classe operaia è di affermare nella coscienza dell'avanguardia della classe operaia il principio della priorità degli interessi comuni (invece del principio borghese degli interessi privati ​​e personali) e tale risultato deve essere esteso all'intera società. Questo è l'obiettivo principale della classe operaia, che dovrebbe occupare un posto centrale nell'ideologia.
La lotta ideologica della classe operaia dovrebbe preparare la classe operaia e i suoi alleati ad una lotta politica per la transizione attraverso un percorso rivoluzionario verso una società in cui l'obiettivo della produzione non sarà "il profitto ad ogni costo", ma garantire il completo benessere e il libero e completo sviluppo di tutti i membri della società e non dei singoli individui prevelegiati o selezionati.

[1] Friedrich Engels, Anti-Dühring, edizioni Lotta Comunista, 2014, p. 324-325
[2] Vladimir Majakovskij, Vladimir Il'itch Lenin, traduzione di Angelo Maria Ripellino, Opere scelte, Poesie, Poemi, Teatro, Feltrinelli Editore, 1967, p. 92-93
[3] V. I. Lenin, Stato e rivoluzione, red star press, 2015, p. 107
[4] V.I. Lenin, Rapporto al II congresso dei sindacati di tutta la Russia, (Opere Complete, vol. 28 [luglio 1918 – marzo 191], Editori Riuniti, Roma, 1967, p.418)
[5] Vladimir Majakovskij, Vladimir Il'itch Lenin, traduzione di Angelo Maria Ripellino, Opere scelte, Poesie, Poemi, Teatro, Feltrinelli Editore, 1967, p. 90

Ultima modifica ilDomenica, 27 Novembre 2022 19:56
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