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I sabati comunisti e l’edificazione socialista

di Manuel Santoro

La scorsa lezione abbiamo iniziato a trattare dei sabati comunisti, di come erano nati e di come si erano velocemente diffusi in tutto il territorio russo. Avevamo ripreso ciò che Lenin riporta nella prima parte del suo lavoro “La grande iniziativa” mentre oggi ci concentreremo su concetti più teorici, più fondamentali.

Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/OmEx1dLtWWw?si=1XtlCiAV2wdFGVvJ

I sabati comunisti sono l’esempio della manifestazione della coscienza di classe dei lavoratori.

Scrive difatti Lenin che:

ho riferito, per quanto mi è stato possibile dettagliatamente e per intero, le informazioni sui sabati comunisti, perché in questi vediamo indubbiamente uno dei lati più importanti dell’edificazione comunista.

 Due sono i concetti chiave che cercheremo di carpire e di svolgere in questa lezione.

Prima di tutto, l’edificazione socialista. Cominciare ovvero a costruire il socialismo dopo aver destrutturato, distrutto l’apparato amministrativo, militare, burocratico borghese. Costruire il socialismo da un punto di vista economico dopo la rivoluzione socialista e la presa del potere da parte dei soviet, ovvero dei consigli, degli organi di autogoverno dei lavoratori. L’altro concetto importante è l’emulazione socialista, ovvero prendere esempio dai lavoratori più coscienti, più educati, più organizzati per contribuire positivamente e fattivamente alla costruzione del socialismo. Scrive difatti Lenin:Meno chiacchiere politiche, più attenzione ai fatti più semplici, ma reali, ai fatti dell’edificazione comunista presi dalla vita, provati dalla vita: questa parola d’ordine deve essere continuamente ripetuta da noi tutti, dai nostri scrittori, agitatori, propagandisti, organizzatori.

 Dobbiamo immedesimarci nel contesto storico per quanto riguarda la Russia del 1919, anno in cui esce “La grande iniziativa”, ma anche immedesimarci in un contesto potenziale e futuro di una rivoluzione socialista e del lavoro da fare negli anni immediatamente successivi. È evidente che il primo obiettivo rimane la sconfitta della classe capitalistica, borghese e la distruzione dello Stato borghese con tutti i suoi apparati, ma contestualmente è vitale cominciare a costruire la società nuova. Non si possono lasciare vuoti poiché i vuoti vengono sempre riempiti e la classe operaia, lavoratrice deve guidare la transizione verso il socialismo.

Scrive Lenin:

È naturale e inevitabile che nel primo periodo della rivoluzione proletaria ci si preoccupi soprattutto del compito principale ed essenziale: quello di vincere la resistenza della borghesia, di riportare la vittoria sugli sfruttatori, di reprimere i loro complotti. Ma accanto a questo compito se ne impone altrettanto imperiosamente — e quanto più si va avanti tanto più si imporrà — un altro più vitale, quello della positiva edificazione comunista, della creazione di nuovi rapporti economici, della creazione di una nuova società.

Per fare ciò è necessaria la dittatura del proletariato. Abbiamo discusso e spiegato nel dettaglio cosa è la dittatura del proletariato, nei video del filone “Incontro con Lenin”, sia nelle lezioni parte del piano di studi della Scuola Rossa. Ma riprendendo brevemente il concetto, diciamo come lo espone Lenin nel lavoro “Estremismo malattia infantile del comunismo”:

La dittatura del proletariato è una lotta tenace, cruenta e incruenta, violenta e pacifica, militare ed economica, pedagogica e amministrativa contro le forze e le tradizioni della vecchia società.

In definitiva, la dittatura del proletariato è la lotta che punta allo smantellamento della società vecchia e all’emersione della società nuova: la società socialista. Ricordiamo che il socialismo è la prima fase della società comunista, il cui compito è la distruzione delle classi, il superamento delle differenze tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, l’annullamento della divisione del lavoro.

Il compito del socialismo è distruggere le classi e il periodo della dittatura del proletariato copre tutta la prima fase del comunismo, ovvero tutto il periodo del socialismo.

Scrive Lenin:

La dittatura del proletariato non è soltanto violenza contro gli sfruttatori, e neppure principalmente violenza. Base economica di questa violenza rivoluzionaria, garanzia della sua vitalità e del suo successo è il fatto che il proletariato rappresenta e realizza, rispetto al capitalismo, un tipo più alto di organizzazione sociale del lavoro. Questa è la sostanza, qui sta la sorgente della forza e la garanzia dell’ineluttabile e completa vittoria del comunismo.

Ma questa realizzazione di una più alta organizzazione sociale del lavoro non è ovviamente volontaristica, non viene implementata per modelli, non cade dall’alto. Ma sorge dalle condizioni materiali della produzione. Ricordiamoci Marx:

Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. 

Quindi così come i rapporti sociali di produzione delle comunità comunistiche primitive erano differenti rispetto a quelle della società antica poiché la modalità di produzione era differente, così i rapporti sociali di produzione della società antica erano differenti rispetto a quelli feudali, e quelli feudali rispetto a quelli capitalistici. Di conseguenza, i rapporti di produzione feudali sono differenti rispetto a quelli capitalistici. Di conseguenza l’organizzazione del lavoro era differente, da un tipo più basso ad uno più alto di organizzazione sociale del lavoro.  

Scrive Marx che

le epoche economiche si distinguono non per ciò che vi si produce, ma per il modo in cui si produce; i rapporti sociali sono intimamente legati alle forze produttive. Acquistando nuove forze produttive gli uomini cambiano il loro modo di produzione, e cambiando il modo di produzione, il modo di guadagnarsi la vita, essi cambiano tutti i loro rapporti sociali. Il mulino a braccia vi darà la società diretta dal signore [feudale], il mulino a vapore, la società diretta dal capitalista industriale.

Riporta Lenin:

L'organizzazione feudale del lavoro sociale poggiava sulla disciplina del bastone, quando i lavoratori, spogliati e vessati da un pugno di grandi proprietari fondiari, erano estremamente ignoranti e abbrutiti. L'organizzazione capitalistica del lavoro sociale poggiava sulla disciplina imposta dalla fame, e la grandissima massa dei lavoratori, nonostante tutto il progresso della cultura borghese e della democrazia borghese, restava, anche nelle repubbliche più avanzate, civili e democratiche, una massa ignorante e timorosa di schiavi salariati o di contadini schiacciati, spogliati e vessati da un pugno di capitalisti. L'organizzazione comunista del lavoro sociale, di cui il socialismo rappresenta il primo passo, poggia, e poggerà sempre più, sulla disciplina libera e cosciente dei lavoratori stessi, che hanno scosso il giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti.

Quindi, le aumentate forze produttive portano gli uomini a modificare il modo in cui si produce e ciò porta a modificazione strutturali, modificazioni dei rapporti sociali di produzione che si basano su determinati rapporti di proprietà. Riprendendo alcuni passaggi sul materialismo storico della Fase II del nostro piano di studi, facciamo un breve excursus per comprendere meglio.

Iniziamo dalla società comunistica primitiva e riprendiamo Stalin:

  1. nel regime della comunità primitiva, la proprietà sociale dei mezzi di pro­duzione costituisce la base dei rapporti di produzione. Esiste la proprietà collettiva, sia dei mezzi di produzione che dei prodotti. Non si ha ancora nozione della proprietà privata dei mezzi di produzione, salvo la proprietà personale di alcuni strumenti di produzione, che sono in pari tempo armi di difesa contro gli animali feroci. Non esistono né sfruttamento né classi.
  2. sotto il regime della schiavitù la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà del padrone di schiavi sui mezzi di produzione e anche sul produttore, sullo schiavo, che egli può vendere, comprare, uccidere come bestiame. Si rafforzano consolidandosi l'allevamento del bestiame, l'agricoltura, i mestieri, la divisione del lavoro tra questi diversi rami di produzione; diventa possibile lo scambio dei prodotti tra individui e gruppi diversi; si consolida l'accumulazione di ricchezza nelle mani di pochi, l'accumulazione reale dei mezzi di produzione nelle mani di una minoranza; in questa società è materiale la sottomissione della maggioranza alla mino­ranza e la trasformazione dei membri della maggioranza in schiavi. Non esiste già più il lavoro comune e libero di tutti i membri della società nel processo della produzione, ma domina il lavoro forzato degli schiavi, sfrut­tati da padroni che non lavorano. Non esiste quindi più una proprietà comu­ne né dei mezzi di produzione né dei prodotti. Essa è sostituita dalla pro­prietà privata. Il padrone di schiavi è il primo e principale proprietario, il proprietario assoluto. Ricchi e poveri, sfruttatori e sfruttati, uomini che hanno tutti i diritti e uomini che non ne hanno nessuno, un'aspra lotta di classe tra gli uni e gli altri: tale è il quadro del regime schiavistico.
  3. sotto il regime feudale la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà del signore feudale sui mezzi di produzione e dalla sua proprietà limitata sul produttore, sul servo, che il feudatario non può più uccidere, ma può vendere e comprare. Accanto alla proprietà feudale esiste la pro­prietà individuale del contadino e dell'artigiano sugli strumenti di produ­zione e sulla loro economia privata, basata sul lavoro personale. L'ulteriore perfezionamento della fusione e della lavorazione del ferro, la diffusione generale dell'aratro di ferro e del telaio, lo sviluppo ulteriore dell'agricoltura, dell'orticoltura, dell'industria vinicola, della fabbricazione dei grassi, il sorgere delle manifatture accan­to alle botteghe degli artigiani: tali sono i tratti caratteristici dello stato delle forze produttive.” Nel passaggio dalla società antica alla società feudale, la classe oppressa dei servi della gleba rimpiazza quella degli schiavi poiché lo sviluppo delle forze produttive, dice Stalin, “esige che il lavoratore abbia una certa ini­ziativa nella produzione, che sia propenso e interessato al lavoro. Per questa ragione il padrone feudale rinuncia allo schiavo che non ha nes­sun interesse al lavoro e non ha nessuna iniziativa, e preferisce aver a che fare con un servo che possiede un'azienda propria, i propri strumenti di produzione di natura personale e ha qualche interesse per il lavoro, interesse indispensabile perché il servo coltivi la terra e paghi al feudatario, sul proprio raccol­to, un tributo in natura.
  4. sotto il regime capitalistico la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà capitalistica sui mezzi di produzione, mentre la proprietà sui produttori, sugli operai salariati non esiste più: il capitalista non può né ucciderli né venderli, perché essi sono liberi dalla dipendenza personale, ma sono privi dei mezzi di produzione e, per non morire di fame, sono costretti a vendere la loro forza-lavoro al capitalista, a sottomettersi al giogo dello sfruttamento. Accanto alla proprietà capitalistica dei mezzi di produzione esiste, ed è nei primi tempi largamente diffusa, la proprietà pri­vata del contadino e dell'artigiano — emancipatisi dalla servitù della gleba — sui mezzi di produzione: proprietà che si fonda sul lavoro personale. Le botteghe degli artigiani e le manifatture vengono sostituite da immense fab­briche e officine, fornite di macchine. I domini dei nobili, già coltivati con gli strumenti primitivi dei contadini, vengono sostituiti da grandi aziende capitalistiche, gestite con i criteri della scienza agronomica e munite di macchine agricole.
  5. nel regime socialista, che, per il momento, esiste solo nell'URSS, la pro­prietà sociale dei mezzi di produzione costituisce la base dei rapporti di produzione. Qui non esistono più né sfruttatori né sfruttati. I prodotti ven­gono ripartiti secondo il lavoro compiuto e secondo il principio: ‘Chi non lavora non mangia’. I rapporti tra gli uomini nel processo della produzio­ne sono rapporti di collaborazione fraterna e di mutuo aiuto socialista tra lavoratori liberi dallo sfruttamento. Qui i rapporti di produzione corri­spondono perfettamente allo stato delle forze produttive, perché il caratte­re sociale del processo della produzione è rafforzato dalla proprietà socia­le sui mezzi di produzione.

Nel socialismo, quindi, “chi non lavora non mangia” oppure “ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo il suo lavoro”. Non siamo ancora nella fase superiore della società comunista nella quale “ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”.

Ma per costruire il socialismo è necessaria la dittatura del proletariato, ovvero:

solo una classe determinata, e precisamente gli operai delle città, e in generale gli operai di fabbrica, gli operai industriali, è in grado di dirigere tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati nella lotta per distruggere il potere del capitale, nel processo di distruzione, nella lotta per assicurare e consolidare la vittoria, nella creazione del nuovo ordine sociale, dell'ordine socialista, in tutta la lotta per l’abolizione completa delle classi.

Dopo aver conquistato il potere politico, il proletariato non cessa la lotta di classe, ma la porta avanti fino alla abolizione delle classi, però, naturalmente, in un altro ambiente, sotto altre forme, con altri mezzi.

Ma cosa è una classe sociale e come significa abolizione delle classi sociali, si domanda Lenin. Lenin ci riporta la definizione di classe sociale, ovvero:

si chiamano classi quei grandi gruppi di persone che si distinguono tra loro per il posto che occupano in un sistema storicamente determinato di produzione sociale, per il loro rapporto con i mezzi di produzione, per la loro funzione nell’organizzazione sociale del lavoro e, quindi, per il modo in cui ottengono e per la dimensione che ha quella parte di ricchezza sociale di cui dispongono. Le classi sono gruppi di persone, l’uno dei quali può appropriarsi il lavoro dell’altro grazie al differente posto che occupa in un determinato sistema di economia sociale.

Come si aboliscono le classi sociali? Lenin riporta nel suo articolo:

È chiaro che per abolire completamente le classi non basta abbattere gli sfruttatori, i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, non basta abolire la loro proprietà, ma bisogna anche abolire ogni proprietà privata dei mezzi di produzione, bisogna sopprimere tanto la differenza fra città e campagna quanto la differenza fra lavoratori manuali e intellettuali.

È un’opera di lungo respiro. Per compierla occorre un enorme progresso nello sviluppo delle forze produttive, occorre vincere la resistenza dei numerosi residui della piccola produzione; occorre vincere la forza immensa dell’abitudine e dell’inerzia, connessa con quei residui.

E passaggio essenziale che cercherei di comprendere veramente è che:

la pretesa che tutti i lavoratori siano in egual misura capaci di compiere quest’opera, sarebbe una frase vuota o l’illusione di un socialista antidiluviano, premarxista, perché questa capacità non è spontanea, ma si sviluppa storicamente, e si sviluppa soltanto dalle condizioni materiali della grande produzione capitalistica. All’inizio del passaggio dal capitalismo al comunismo, questa capacità la possiede soltanto il proletariato. Esso è in grado di adempiere il compito colossale che gli spetta innanzitutto perché è la classe più forte e più avanzata della società civile.

Perché è importante? Perché qui si parla di classe operaia, non di classe lavoratrice in generale. E ciò che abbiamo detto precedentemente quando abbiamo esposto la dittatura del proletariato.

Molta confusione nel mondo comunista di oggi; molta ignoranza. E Lenin ne ha anche per loro quando scrive:

Coloro che vogliono risolvere il problema del passaggio dal capitalismo al socialismo partendo da frasi fatte sulla libertà, sull’eguaglianza, sulla democrazia in generale, sull’eguaglianza della democrazia del lavoro, ecc. (come fanno Kautsky, Martov e gli altri eroi dell’Internazionale gialla di Berna), rivelano unicamente la loro natura di piccoli borghesi, di filistei che, dal punto di vista ideologico, si trascinano servilmente al seguito della borghesia.

Marx ha più volte deriso le alte voci dell’eguaglianza, delle libertà e dei diritti propria della retorica piccolo-borghese e dei falsi socialisti e comunisti.

Noi siamo qui per educare le operai e gli operai, ma più in generale lavorati e lavoratrici e chiunque senta la necessità di spezzare le catene dello sfruttamento della classe dominante. Dobbiamo educarci e organizzarci per arrivare al socialismo.

Dice Lenin:

Per vincere, per creare e consolidare il socialismo, il proletariato deve assolvere un duplice compito: deve innanzitutto attrarre, col suo eroismo senza riserve, nella lotta rivoluzionaria contro il capitale tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati, attrarla, organizzarla e dirigerla per abbattere la borghesia e reprimere qualsiasi sua resistenza; in secondo luogo, il proletariato deve trascinare dietro di sé l’intera massa dei lavoratori e degli sfruttati, nonché tutti gli strati piccolo-borghesi, sulla via della nuova edificazione economica, sulla via della creazione di un nuovo rapporto sociale, di una nuova disciplina del lavoro, di una nuova organizzazione del lavoro, che combini l’ultima parola della scienza e della tecnica capitalistica con l’unione dei lavoratori coscienti, artefici della grande produzione socialista.

Questo secondo compito è più difficile del primo, perché non può in nessun modo essere adempiuto con slanci isolati di eroismo, ma esige l’eroismo più prolungato, più tenace, più difficile del lavoro quotidiano e di massa. Ma questo compito è ancor più importante del primo, perché in ultima analisi la più profonda sorgente di forza per vincere la borghesia e Tunica garanzia della solidità e della sicurezza di tale vittoria può essere soltanto un nuovo e più elevato sistema sociale di produzione, la sostituzione della produzione capitalistica e piccolo-borghese con la grande produzione socialista.

Per questo i sabati comunisti sono importanti:

I sabati comunisti hanno un’immensa portata storica appunto perché sono la prova della cosciente e volontaria iniziativa dei lavoratori per sviluppare la produttività del lavoro, per passare alla nuova disciplina del lavoro, per creare condizioni di economia e di vita socialiste.

I sabati comunisti hanno una così grande importanza perché sono stati promossi da operai che non si trovano affatto in condizioni particolarmente favorevoli, ma da operai di diverse qualifiche, e anche non qualificati, manovali che si trovano nelle condizioni ordinarie, cioè le più difficili.

E ancora:

E questi operai affamati, circondati dalla maligna propaganda controrivoluzionaria della borghesia, dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari, organizzano sabati comunisti, fanno ore di lavoro straordinario senza nessuna paga e ottengono un prodigioso aumento della produttività del lavoro, sebbene siano stanchi, spossati, estenuati dalla denutrizione.

Continua Lenin:

La produttività del lavoro è in ultima analisi la cosa più importante, più decisiva per la vittoria del nuovo ordine sociale. Il capitalismo ha creato una produttività del lavoro sconosciuta nel feudalesimo. Il capitalismo può essere battuto definitivamente e sarà battuto definitivamente proprio perché il socialismo crea una produttività del lavoro nuova, molto più alta. È un processo molto difficile e molto lungo, ma esso è incominciato: l’essenziale sta in questo.

E concludiamo:

Il comunismo significa una produttività del lavoro superiore a quella capitalistica, una produttività di operai liberi, coscienti e uniti, che si servono della tecnica più progredita. I sabati comunisti sono straordinariamente preziosi come inizio effettivo del comunismo; e ciò è una grandissima rarità, perché ci troviamo in uno stadio in cui si compiono soltanto i primi passi verso la transizione dal capitalismo al comunismo.

 

Ultima modifica ilGiovedì, 21 Marzo 2024 13:33
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