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Società e Stato
di Manuel Santoro
“La società odierna è la società capitalistica, che esiste in tutti i paesi civili, più o meno libera di aggiunte medievali, più o meno modificata dallo speciale svolgimento storico di ogni paese, più o meno evoluta. Lo Stato odierno, invece, muta con il confine di ogni paese. Nel Reich tedesco-prussiano esso è diverso che in Svizzera; in Inghilterra è diverso che negli Stati Uniti. Lo Stato odierno è dunque una finzione. Tuttavia i diversi Stati dei diversi paesi civili, malgrado le loro variopinte differenze di forma, hanno tutti in comune il fatto che stanno sul terreno della moderna società borghese, che è soltanto più o meno evoluta dal punto di vista capitalistico.” [1]
Per ripercorrere la differenza tra società e Stato, la quale rimane fondamentale nella comprensione teorico-politica di qualsiasi movimento realmente classista, introduciamo la nozione che la società sia la base strutturale sulla quale si erge lo Stato, e che ad uguale società tendenzialmente corrispondono diverse versioni di Stato. Questo poiché la società è un complesso di rapporti sociali di produzione e “ognuno di questi complessi caratterizza, nello stesso tempo, un particolare stadio di sviluppo nella storia dell’umanità.” [2] La società antica, la società feudale, la società capitalista sono esempi storici. I rapporti sociali di produzione sono “i rapporti sociali entro i quali gli individui producono”, i quali “si trasformano con la trasformazione e con lo sviluppo dei mezzi materiali di produzione, delle forze produttive.” [2] Trasformati, sviluppati i mezzi materiali di produzione, le forze produttive, all’interno di determinati rapporti di produzione, tali rapporti risultano obsoleti e l’evoluzione della società inevitabile e del tutto necessaria. “I mezzi di produzione e di scambio sulla cui base si è formata la borghesia furono prodotti nella società feudale. A un certo stadio di sviluppo di questi mezzi di produzione e di scambio, i rapporti all’interno dei quali la società feudale produceva e scambiava, vale a dire l’organizzazione feudale dell’agricoltura e di manifattura, in una parola i rapporti feudali di proprietà, non corrisposero più alle forze produttive ormai sviluppatesi. Inceppavano la produzione invece di promuoverla. Si erano trasformati in altrettante catene. Esse dovevano essere spezzate e furono spezzate.” [3] I rapporti di produzione, i rapporti di proprietà tipici di una determinata società inevitabilmente vengono sradicati dal passato per diventare presente poiché sono già nel presente le forze produttive sviluppatesi dai rapporti di proprietà del passato. Se alla società borghese o capitalistica dovrà seguire la società socialista, ciò significa che l’evoluzione, la maturazione delle forze produttive, dei mezzi di produzione, avverrà dentro la società borghese, ovvero dentro i rapporti di produzione capitalisti. Sarà quando le forze produttive, i mezzi di produzione, avranno raggiunto un più elevato stadio di sviluppo non più compatibile con i rapporti di proprietà all’interno dei quali la società capitalista produce e scambia, che avverrà il cortocircuito tra le evolute forze produttive e i rudimentali rapporti di produzione. Il passaggio da una società ad un’altra è sempre la transizione cruenta creata dai cortocircuiti tra le più moderne forze produttive e i meno moderni rapporti di proprietà.
Sulla società si erge lo Stato. La “società presente (e ciò vale anche per ogni società futura)” è la “base dello Stato esistente (e futuro per la futura società).” [1] Lo Stato non è un “ente autonomo, che possiede le sue proprie basi spirituali, morali, liberali”. [1] In altre parole, anche se sulla medesima società si ergono Stati con “variopinte differenze di forma”, “essi hanno in comune anche alcuni caratteri essenziali” che ci permettono di discorrere di Stato capitalista sorto sulla società capitalista, di Stato socialista che si ergerà sulla società socialista. Ogni Stato sorto su una determinata società ha certamente le sue appendici sovrastrutturali, le sue peculiarità. Lo Stato, però, “non è affatto una potenza imposta alla società dall’esterno”; “esso è piuttosto un prodotto della società giunta a un determinato stadio di sviluppo, è la confessione che questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con se stessa, che si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente a eliminare. Ma perché questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto non distruggano se stessi e la società in una sterile lotta, sorge la necessità di una potenza che sia in apparenza al di sopra della società…”,” e questa potenza che emana dalla società, ma che si pone al di sopra di essa e che si estranea sempre più da essa, è lo Stato.” [4] Lo Stato, quindi, è la sovrastruttura che sorge dalla sua struttura, la società. Lo Stato sorge dalla società, si pone al di sopra della società, si estranea dalla società, con l’obiettivo solo apparente di moderare il conflitto tra classi sociali in lotta, mentre il suo ruolo reale, tangibile è servire la classe dominante. Difatti, “lo Stato…è, per regola, lo Stato della classe più potente, economicamente dominante che, per mezzo suo, diventa anche politicamente dominante e così acquista un nuovo strumento per tener sottomessa e per sfruttare la classe oppressa. Come lo Stato antico fu anzitutto lo Stato dei possessori di schiavi al fine di mantenere sottomessi gli schiavi, così lo Stato feudale fu l’organo della nobiltà per mantenere sottomessi i contadini, servi o vincolati, e lo Stato rappresentativo moderno è lo strumento per lo sfruttamento del lavoro salariato da parte del capitale.” [4] Lo Stato antico si erge sulla società antica, la quale è il complesso di rapporti sociali di produzione in cui i possessori di schiavi sfruttano gli schiavi. In questo caso lo Stato antico si rende necessario, emana dalla società antica, per servire la classe dei proprietari di schiavi e sottomettere gli schiavi, nascondendo se stesso e il suo ruolo, nella falsa imparzialità, nell’apparente moderazione del conflitto tra classi con interessi divergenti. Similarmente accade nello Stato feudale il quale si erge sulla società feudale, la quale corrisponde al complesso di rapporti sociali di produzione in cui la nobiltà sfrutta i contadini, i servi della gleba. Anche in questo caso, lo Stato serve la classe dominante. E nello Stato capitalista, che emana dalla società capitalista, i capitalisti sfruttano i lavoratori salariati e lo Stato serve la classe dominante dei capitalisti opprimendo la classe dei lavoratori salariati. Ma come abbiamo già accennato, il passaggio da una società all’altra, da un impianto strutturalmente definito all’altro, avviene quando il grado di sviluppo delle forze produttive non riesce a contenersi all’interno di storicamente obsoleti rapporti di produzione. Quando le forze produttive della società capitalistica si troveranno a dover rompere le catene create da ormai antiquati rapporti capitalisti di proprietà, ovvero dalla proprietà privata, individuale dei mezzi di produzione e di distribuzione, si avrà la transizione alla società socialista la quale è il complesso dei rapporti sociali di produzione in cui la classe lavoratrice, ora dominante, avrà la proprietà dei mezzi di produzione e di distribuzione una volta appartenuti ai capitalisti. Siamo nella società socialista in cui i “mezzi di produzione non sono già più proprietà privata individuale. Essi appartengono a tutta la società.” [5] Abbiamo raggiunto il socialismo, società che si basa sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e sulla quale si erge lo Stato socialista, la cui presenza è necessaria poiché ancora vivo il conflitto di classe tra oppressi ed oppressori. Solo che ora gli oppressori sono le lavoratrici e i lavoratori salariati, la classe lavoratrice; gli oppressi sono i capitalisti, che espropriati dei mezzi di produzione, continuano la lotta, la reazione, per ritornare al potere. Nello Stato socialista sono presenti appendici, peculiarità sovrastrutturali naturalmente diverse rispetto a quanto vissuto nello Stato borghese. Da qui si ha inizio il lungo tragitto verso la società senza classi, verso la società comunista compiuta in cui lo Stato lentamente si estingue, il lavoro salariato scompare, il contrasto tra il lavoro intellettuale e il lavoro fisico svanisce, qualsiasi diseguaglianza sociale si dilegua e si arriva ad “ognuno secondo le sue capacità, ognuno secondo i suoi bisogni”. [1] “Finché esiste lo Stato non vi è libertà; quando si avrà la libertà non vi sarà più Stato.” [5]
[1] K. Marx, Critica al programma di Gotha, Bordeaux edizioni, capitolo IV, pag. 17-26
[2] K. Marx, Lavoro salariato e capitale, da marxpedia, capitolo III
[3] K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista, Editori Laterza, capitolo I, pag. 12
[4] F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Editori Riuniti, capitolo IX ‘Barbarie e Civiltà’, pag. 221; 223
[5] V. Lenin, Stato e rivoluzione, Red star press, capitolo V, pag. 111-115