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Da "In cammino" di Lenin ai giorni nostri
di Manuel Santoro
Tattica e partito. Scienza, teoria e strumento della scienza. Il partito appunto. In questa fase storica in cui la lotta di classe rimane accesa ed in crescendo nei Paesi con un elevato grado di sviluppo, di un capitalismo in putrefazione e, contemporaneamente, con una mancanza cronica di punti di riferimento partitici per un movimento operaio o del lavoro salariato molto rinsecchito nella sua coscienza e abnegazione, lo scritto di Lenin, che qui riporto, può essere di spunto, contestualizzandolo, della lunga via che ci attende. Nulla si ripete e le forme di lotta devono essere naturalmente contestualizzate e tatticamente validate. Anche per noi. Il socialismo è la prima fase della società senza classi, del comunismo compiuto, ed è compito di tutte e tutti, dei nostri militanti, conquistare gli strumenti teorici, politici ed organizzativi per poter contribuire al grande lavoro che ci aspetta. La lotta di classe è reale. Donne e uomini militanti uniti in questa lotta.
In Cammino
Vladimir Lenin (1909)
Un anno di sbandamento, un anno di confusione ideologica e politica, un anno di smarrimento per il partito sta dietro a noi. In tutte le organizzazioni del partito il numero degli iscritti è diminuito; alcune di esse, e precisamente quelle in cui la proporzione dei proletari era minore, sono crollate. Le formazioni semilegali del partito, create dalla rivoluzione, hanno subìto colpo su colpo. Si è giunti al punto che alcuni elementi del partito, presi da smarrimento, si sono posti la questione se si dovesse o no conservare il vecchio partito socialdemocratico, se si dovesse continuarne l'attività, se si dovesse rientrare nell'illegalità e come; al che gli elementi di estrema destra (della cosiddetta corrente liquidatrice) rispondevano pronunciandosi per la legalizzazione ad ogni costo, anche a prezzo di un'aperta rinuncia al programma, alla tattica ed all'organizzazione del partito. La crisi è stata indubbiamente non solo organizzativa, ma anche ideologico-politica.
La Conferenza panrussa del P.O.S.D.R. [1], che si è tenuta poco tempo fa, traccia una via al partito e segna visibilmente, di per sé, una svolta nello sviluppo del movimento operaio dopo la vittoria della controrivoluzione. Le risoluzioni della conferenza sono state confermate dal Comitato Centrale del nostro partito che le ha pubblicate in uno speciale comunicato e sono perciò risoluzioni di tutto il partito fino al prossimo congresso. In queste risoluzioni si dà un giudizio chiaro e preciso sulle cause e sull'importanza della crisi ed anche sui mezzi per uscirne. Lavorando secondo le risoluzioni della conferenza, facendo in modo che tutti i militanti del partito abbiano una concezione chiara e completa dei compiti attuali del partito stesso, le nostre organizzazioni sapranno consolidare ed unire le loro forze per un attivo e fraterno lavoro rivoluzionario-socialdemocratico.
La causa fondamentale della crisi del partito è indicata nelle motivazioni della risoluzione organizzativa e consiste nell'epurazione del partito operaio dagli elementi esitanti intellettuali e piccolo-borghesi i quali, avendo aderito al movimento operaio soprattutto per la speranza di un vicino trionfo della rivoluzione borghese democratica, non potevano tener fermo nel periodo della reazione. Lo smarrimento si è manifestato tanto nel campo della teoria ("deviazione dal marxismo rivoluzionario": risoluzione sul momento attuale), quanto nel campo della tattica ("mutilazione delle parole d'ordine") e della politica organizzativa del partito. Gli operai coscienti hanno reagito a questo sbandamento, si sono messi decisamente contro il "liquidatorismo", si sono addossati l'attività e la direzione delle organizzazioni del partito. Questo nucleo fondamentale del nostro partito non ha potuto immediatamente avere il sopravvento sugli elementi di sbandamento e di crisi, non solo perché il compito era grande e difficile nel pieno della controrivoluzione, ma anche perché, fra quegli operai, che pur avendo animo rivoluzionario difettavano di coscienza socialista, si era manifestata una certa indifferenza per il partito. Le decisioni della conferenza, le quali esprimono l'opinione che si è venuta formando nella socialdemocrazia sui mezzi di lotta contro lo sbandamento e contro le oscillazioni, si rivolgono precisamente agli operai coscienti della Russia.
Analisi marxista dei rapporti oggi esistenti fra le classi e della nuova politica dello zarismo; designazione del più vicino obiettivo di lotta che il nostro partito si pone, come per il passato; apprezzamento degli insegnamenti della rivoluzione sulla questione della giustezza della tattica rivoluzionaria socialdemocratica; identificazione delle cause della crisi del partito e indicazioni sulla funzione dell'elemento proletario del partito nella lotta contro di essa; soluzione del problema dei rapporti fra l'organizzazione legale e quella illegale; riconoscimento della necessità di sfruttare la tribuna della Duma ed elaborazione di direttive precise per il nostro gruppo alla Duma, legate con una critica aperta dei suoi errori: tale è il contenuto essenziale delle risoluzioni della conferenza che risolvono pienamente il problema della scelta di una via sicura da parte del partito della classe operaia nel difficile momento presente. Esaminiamo più attentamente questa soluzione.
Nel raggruppamento politico delle classi, i rapporti fra queste ultime rimangono quelli caratteristici dello scorso periodo di aperta lotta rivoluzionaria delle masse. L'immensa maggioranza dei contadini non può non aspirare ad una rivoluzione agraria che distrugga il possesso fondiario semifeudale, e che non è effettuabile senza l'abbattimento del potere zarista. Il trionfo della reazione ha esercitato un'oppressione particolarmente forte sugli elementi democratici della popolazione contadina, incapace di creare un'organizzazione solida, ma, nonostante tutte le oppressioni, nonostante la Duma dei cento neri, nonostante l'estrema indecisione dei trudovikì, si vede chiaramente, anche dalle discussioni alla III Duma, che le masse contadine sono rivoluzionarie. La posizione fondamentale del proletariato di fronte ai compiti della rivoluzione borghese democratica in Russia rimane immutata: dirigere i contadini democratici, strapparli all'influenza dei liberali borghesi, del partito cadetto che, malgrado le piccole controversie su questioni particolari, continua ad avvicinarsi agli ottobristi e che, in questi ultimi tempi, tende a creare il nazional-liberalismo, ad aiutare lo zarismo e la reazione attraverso l'agitazione sciovinista. La lotta - dice la risoluzione - è diretta come nel passato alla completa distruzione della monarchia, alla conquista del potere politico da parte del proletariato e dei contadini rivoluzionari.
L'assolutismo rimane, come nel passato, il principale nemico del proletariato e di tutta la democrazia. Ma sarebbe un errore pensare che esso sia ancora quello di prima. La "costituzione" di Stolypin e la sua politica agraria segnano una nuova fase nella decomposizione del vecchio zarismo semipatriarcale, semifeudale, un nuovo passo sulla via della sua trasformazione in monarchia borghese. I delegati del Caucaso i quali desideravano o eliminare del tutto una tale caratteristica del momento, o sostituire la parola "plutocratica" alla parola "borghese", si mettevano da un punto di vista sbagliato. L'assolutismo era plutocratico già da molto tempo, ma diviene borghese - per la sua politica agraria e per la sua unione, diretta ed organizzata su scala nazionale, con certi strati della borghesia - soltanto dopo la prima fase della rivoluzione, e sotto i colpi di questa. Già da molto tempo l'assolutismo allevava la borghesia, e già da molto tempo la borghesia, coi suoi rubli, si apriva la via per "salire", per influire sulla legislazione e sull'amministrazione, per dividersi i posti con i nobili di nascita, ma la peculiarità della presente situazione sta nel fatto che l'assolutismo ha dovuto creare un'istituzione rappresentativa per certi strati della borghesia, destreggiarsi fra questi ed i feudali, organizzare nella Duma l'unione fra di essi, rinunciare ad ogni speranza sul carattere patriarcale del mugik e cercare nei ricchi che rovinano la comunità contadina un appoggio contro le masse della campagna.
L'assolutismo si nasconde dietro istituzioni pseudocostituzionali, ma in pari tempo, grazie all'alleanza dello zar con i signori Purisckevic e Guckov, e solo con loro, esso, di fatto, svela come non mai la sua essenza di classe. L'assolutismo tenta di avocare a sé la soluzione dei compiti obiettivamente indispensabili della rivoluzione borghese: creazione di una rappresentanza popolare che diriga effettivamente gli affari della società borghese ed eliminazione, nelle campagne, degli intricati ed antiquati rapporti agrari; ma il risultato pratico dei nuovi passi dell'assolutismo è finora uguale a zero e ciò dimostra in modo ancora più lampante la necessità dell'intervento di altre forze e di altri mezzi per la soluzione di questo compito storico. Nella coscienza delle grandi masse, inesperte della politica, l'assolutismo si levava contro la rappresentanza popolare, in generale; oggi la lotta limita il proprio obiettivo, definisce più concretamente il proprio compito, come lotta per il potere nello stato il quale determina il carattere e l'importanza della rappresentanza stessa. Ecco perché la III Duma segna una fase speciale nella disgregazione del vecchio zarismo, nel rafforzamento del suo spirito di avventura, nell'approfondimento dei vecchi compiti rivoluzionari, nell'allargamento dell'arena della lotta (e nell'aumento del numero dei partecipanti alla lotta) per questi compiti.
Questa fase deve fare il suo corso; le nuove condizioni del momento esigono nuove forme di lotta; l'impiego della tribuna della Duma rappresenta una necessità indiscutibile; in primo piano si pone un lungo lavoro per l'educazione e l'organizzazione delle masse del proletariato; la combinazione dell'organizzazione illegale con quella legale assegna al partito compiti particolari; sorge, per ragioni sia teoriche che pratiche, la necessità di popolarizzare e di spiegare le esperienze della rivoluzione, screditate dai liberali e dagli intellettuali liquidatori. Ma la linea tattica del partito, che nei metodi e nei mezzi di lotta deve tener conto delle nuove condizioni, resta immutata. La giustezza della tattica rivoluzionaria socialdemocratica - dice una delle risoluzioni della conferenza - è confermata dall'esperienza della lotta delle masse nel 1905-1907. La disfatta della rivoluzione in seguito a questa prima campagna ha dimostrato non che i compiti fossero sbagliati, non che gli obiettivi immediati fossero "utopistici", non che i mezzi ed i metodi fossero errati, ma ha dimostrato l'insufficiente preparazione delle forze, l'insufficiente profondità ed ampiezza della crisi rivoluzionaria che intanto Stolypin e consorti lavorano ad approfondire ed ampliare col più lodevole zelo! Dopo la prima effettiva battaglia delle grandi masse per la libertà, i liberali e gli intellettuali disorientati possono ben perdersi d'animo e ripetere vilmente: non ritornate dove siete già stati sconfitti una volta, non mettetevi più su quella via fatale. Il proletariato cosciente risponderà loro: le grandi guerre della storia, i grandi problemi della rivoluzione sono stati risolti soltanto perché le classi d'avanguardia, rinnovando più volte l'assalto ed istruite dall'esperienza delle disfatte, sono giunte alla vittoria. Gli eserciti sconfitti imparano molto. Nella prima campagna le classi rivoluzionarie della Russia sono state sconfitte, ma la situazione rivoluzionaria rimane. Sotto nuove forme e per un'altra via - talvolta molto più lentamente di quanto desidereremmo - la crisi rivoluzionaria si approssima ancora una volta, matura di nuovo. Dobbiamo compiere un lungo lavoro per la preparazione delle grandi masse a questa nuova crisi, per una preparazione più seria, che tenga conto dei compiti più alti e più concreti, e quanto meglio lo compiremo tanto più sicura sarà la vittoria nella nuova lotta. Il proletariato russo può essere orgoglioso che, nel 1905, sotto la sua direzione, una nazione di schiavi si sia per la prima volta trasformata in un esercito innumerevole lanciato contro lo zarismo, nell'esercito della rivoluzione. Ed oggi, quello stesso proletariato saprà compiere disciplinatamente, tenacemente, pazientemente il lavoro di educazione e di preparazione dei nuovi quadri di una più possente forza rivoluzionaria.
L'utilizzazione della tribuna della Duma è, come abbiamo già detto, parte integrante ed indispensabile di questo lavoro di preparazione e di educazione. La risoluzione della conferenza sul gruppo alla Duma indica al nostro partito la via che più si accosta - se consideriamo gli esempi della storia - all'esperienza dei socialdemocratici tedeschi nel periodo delle leggi eccezionali. Il partito illegale deve sapersi servire, deve imparare a servirsi del gruppo legale alla Duma, deve educarlo trasformandolo in un organismo di partito che sia all'altezza dei suoi compiti. Porre la questione del richiamo del gruppo dalla Duma (alla conferenza, i due otzovisti non posero apertamente la questione), o rinunciare a criticarne francamente ed apertamente gli errori e ad enumerarli nella risoluzione (come avrebbero voluto alcuni delegati alla conferenza), significherebbe cadere nella più errata delle tattiche, nella più disgraziata delle deviazioni. La risoluzione riconosce pienamente che il gruppo ha anche commesso degli errori dei quali non è solo responsabile e che sono del tutto analoghi a tutti gli inevitabili errori di tutte le nostre organizzazioni di partito. Ma vi sono altri errori che rappresentano una deviazione dalla linea politica del partito. E dal momento che questi errori si sono prodotti, dal momento che sono stati commessi da un organismo che ha agito apertamente a nome di tutto il partito, il partito deve dire chiaro e netto che sono state deviazioni. Nella storia dei partiti socialisti dell'Europa occidentale si sono avuti più di una volta esempi di rapporti anormali fra i gruppi parlamentari ed il partito; finora, nei paesi latini questi rapporti sono assai spesso anormali; i gruppi parlamentari sono insufficientemente subordinati al partito. Noi dobbiamo subito impostare diversamente la creazione del parlamentarismo socialdemocratico in Russia, iniziare subito un lavoro concorde in questo campo, affinché ogni deputato socialdemocratico veda praticamente che il partito lo sostiene, soffre dei suoi errori, si preoccupa di rettificare la sua via, affinché ogni militante del partito partecipi al lavoro generale del partito riguardante la Duma, tragga degli insegnamenti dalla concreta critica marxista della sua attività, senta il dovere di contribuirvi, si adoperi a subordinare il lavoro speciale del gruppo a tutta l'attività propagandistica e di agitazione del partito.
La conferenza è stata la prima riunione autorevole di delegati delle maggiori organizzazioni del partito che abbia discusso l'attività del gruppo socialdemocratico alla Duma durante tutta la sessione. E la risoluzione della conferenza mostra chiaramente come il nostro partito imposterà il suo lavoro alla Duma, quali severe esigenze avanza in questo campo per se stesso e per il gruppo, con che rigidità e con che fermo intendimento lavora per la formazione di un parlamentarismo effettivamente socialdemocratico.
La questione dell'atteggiamento verso il gruppo alla Duma ha un lato tattico ed un lato organizzativo. Sotto quest'ultimo aspetto la risoluzione sul gruppo alla Duma è nuova soltanto come applicazione ad un caso particolare dei principi generali di politica organizzativa fissati dalla conferenza nella risoluzione sulle direttive d'organizzazione. La conferenza ha, su questa questione, constatato l'esistenza di due correnti fondamentali del P.O.S.D.R.: l'una colloca il centro di gravità nelle organizzazioni illegali del partito, l'altra - più o meno affine al liquidatorismo - nelle organizzazioni legali e semilegali. La questione sta nel fatto che il momento attuale è caratterizzato, come abbiamo già indicato, dall'uscita dal partito di un certo numero di militanti attivi, per lo più intellettuali, ma, in parte, anche operai. La corrente dei liquidatori solleva la questione: gli elementi che abbandonano il partito e scelgono come campo di attività le organizzazioni legali, sono i migliori, i più attivi, oppure escono dal partito "gli intellettuali esitanti e gli elementi piccolo-borghesi"? È inutile dire che respingendo e condannando decisamente il liquidatorismo, la conferenza ha risposto in quest'ultimo senso. Gli elementi più proletari del partito, i più disciplinati ai principi ed i più socialdemocratici degli intellettuali son restati fedeli al P.O.S.D.R. Ciò che è avvenuto è dunque stata un'epurazione del partito, la sua liberazione dagli amici meno costanti, dai mal sicuri compagni di strada (Mitläufer) che si uniscono sempre momentaneamente al proletariato e sono reclutati fra la piccola borghesia o fra i déclassés, cioè fra quella gente che è rigettata dall'una o dall'altra classe.
Da quest'apprezzamento del principio organizzativo del partito discende direttamente la linea della politica organizzativa adottata dalla conferenza. Consolidamento dell'organizzazione illegale del partito, creazione delle cellule di partito in tutti i campi di lavoro, creazione, innanzi tutto, "di comitati operai, puramente di partito, anche se poco numerosi, in ogni azienda industriale", accentramento delle funzioni direttive nelle mani dei dirigenti del movimento socialdemocratico provenienti dallo stesso ambiente operaio: tale è il compito del momento. E, si capisce, il compito di queste cellule e di questi comitati deve consistere nell'utilizzare tutte le organizzazioni semilegali, e, per quanto è possibile, quelle legali; nel mantenere "uno stretto legame con le masse", nel dirigere il lavoro in modo tale che la socialdemocrazia possa rispondere a tutte le esigenze delle masse. Ogni cellula ed ogni comitato operaio di partito debbono essere un "punto di appoggio per il lavoro d'agitazione, di propaganda e pratico-organizzativo fra le masse", debbono cioè andare costantemente dove va la massa, sforzandosi, ad ogni passo, di orientarne la coscienza nella direzione del socialismo, legando ogni questione particolare con i compiti generali del proletariato, di trasformare ogni attività organizzativa in modo da salvare l'unione di classe e conquistare con la propria energia, con la propria influenza ideologica (non certamente con i propri titoli o gradi) la funzione di dirigenti in tutte le organizzazioni proletarie legali. Anche se qualche volta queste cellule e questi comitati saranno poco numerosi, in compenso vi sarà fra loro il legame della tradizione e dell'organizzazione di partito, un programma di classe definito, cosicché anche due o tre socialdemocratici membri del partito potranno non disperdersi in un'organizzazione legale amorfa e potranno applicare in tutte le condizioni, in ogni circostanza, in ogni situazione, la linea del proprio partito, influire sull'ambiente in conformità con il pensiero di tutto il partito e non lasciarsi assorbire dall'ambiente.
Si possono sciogliere le organizzazioni di massa dell'uno o dell'altro genere, si possono perseguitare i sindacati, si può, in regime di controrivoluzione, mandare a monte, con ogni sorta di appigli polizieschi, ogni iniziativa aperta degli operai, ma nessuna forza al mondo impedirà la concentrazione delle masse operaie in un paese capitalista, quale è già divenuto la Russia. In un modo o nell'altro, legalmente, semilegalmente, apertamente o clandestinamente, la classe operaia troverà un qualche punto di raggruppamento; sempre e dovunque i socialdemocratici coscienti, membri del partito, sapranno mettersi alla testa delle masse e sempre e dovunque si accorderanno fra loro per influire sulla massa, secondo il pensiero del partito. E la socialdemocrazia, che in piena rivoluzione ha dimostrato di essere un partito di classe capace di trascinare con sé allo sciopero, all'insurrezione del 1905, alle elezioni del 1905-1907, milioni di uomini, saprà restare ancora il partito di classe, il partito delle masse, restare l'avanguardia che non si staccherà, neppure nei momenti più difficili, dal grosso dell'esercito e saprà aiutare quest'ultimo a superare questi difficili momenti, a serrare di nuovo le file, a preparare altri ed altri combattenti.
Giubilino ed urlino a loro talento i "bisonti" [2] cento-neri della Duma e fuori della Duma, nella capitale ed in provincia; s'inferocisca pure la reazione: il saggissimo signor Stolypin non può muovere un passo senza spingere verso la caduta l'assolutismo che sta in bilico, senza arruffare la nuova matassa delle impossibilità e degli assurdi politici, senza immettere forze nuove e fresche nelle file del proletariato, nelle file degli elementi rivoluzionari delle masse contadine. Il partito che sa rinsaldarsi per un lavoro tenace in collegamento con le masse, il partito della classe avanzata che sa organizzare la sua avanguardia, e dirige le sue forze in modo da influire col pensiero socialdemocratico su ogni manifestazione di vita del proletariato, questo partito vincerà a qualunque costo.
Note
- La conferenza ebbe luogo a Parigi nel gennaio 1909 (dicembre 1908), e i bolscevichi ebbero la maggioranza, contro menscevichi e bundisti, in tutte le questioni fondamentali.
- Così erano chiamati i latifondisti russi.
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