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Brevi elementi di dialettica
di Manuel Santoro
Il lungo cammino verso la conquista rivoluzionaria, verso la società nuova, verso ciò che indichiamo come socialismo, ovvero la prima fase della società comunista che si basa sulla proprietà comune dei mezzi di produzione, parte dalla radicata consapevolezza di un lavoro lungo, graduale, di lenta costruzione ideologica, educativa e organizzativa dell’avanguardia il cui risultato può certamente condurre ad una svolta repentina, radicale di società. Al socialismo appunto.
Lo sviluppo storico della società, in quanto complesso di rapporti sociali di produzione, avviene grazie a lenti, insignificanti cambiamenti quantitativi che portano a cambiamenti qualitativi radicali, violenti, improvvisi. Lo sviluppo storico delle società, soprattutto nelle transizioni da una società ad un’altra, è lo sviluppo della natura stessa. La dialettica, difatti, oltre a considerare la natura come un complesso interconnesso di oggetti e fenomeni che si condizionano in modo reciproco, ne chiarisce il moto di rinnovamento, di sviluppo, di cambiamenti continui, quantitativi e qualitativi, da cui il nuovo emerge dal vecchio attraverso l’emersione e la risoluzione delle contraddizioni interne agli oggetti e ai fenomeni di cui la natura è composta. Lo sviluppo della società segue le stesse regole dello sviluppo della natura. Dice Lenin, infatti, che “la dialettica nel senso proprio della parola è lo studio delle contraddizioni nell’essenza stessa delle cose”.
La società capitalista ha naturalmente le sue contraddizioni note da tempo, che si vanno però modificando, estremizzando nel tempo e che modificano il carattere stesso del capitalismo. Lo sviluppo della società si compie attraverso l’emersione di tali contraddizioni e attraverso il susseguente scontro di classe tra forze dagli interessi opposti che tendono a risolvere tali contraddizioni. In altre parole, se lo sviluppo della società avviene attraverso l’emersione, il rivelarsi delle contraddizioni interne alla società stessa, e sulla base di tali contraddizioni si attiva il conflitto tra classi sociali legate da determinati rapporti di produzione, conflitto il cui obiettivo è proprio nella risoluzione di tali contraddizioni, il compito del partito marxista-leninista in quanto avanguardia è proprio nel guidare la classe operaia nella risoluzione di tali contraddizioni. Per esempio, la contraddizione tra la socializzazione della produzione e la non-socializzazione dei mezzi di produzione determina il conflitto di classe tra la borghesia e la classe operaia che può e deve essere risolto solamente con la socializzazione dei mezzi di produzione, ovvero con la riconciliazione tra le avanzate forze produttive che sono già nel socialismo e i rapporti sociali di produzione che rimangono ancora arcaici poiché basati sulla proprietà privata degli strumenti della produzione che, come catene, tengono imbrigliate le sviluppate forze produttive. La società capitalista, quindi, va modificandosi nel tempo, anche nella sua fase imperialistica, poiché è naturale un suo sviluppo in un modo o nell’altro, anche se lento. La dialettica non ammette immutabilità.
Ogni singolo cambiamento quantitativo, seppur insignificante, minuscolo, determina uno sviluppo, seppure latente, della società, e tale sviluppo modifica, anche se in modo impercettibile, le contraddizioni tra forze produttive e rapporti di produzione. Ciò è vero anche nel socialismo in cui la lotta di classe è più dura e, di conseguenza, le contraddizioni interne alla società socialista emergono e vanno risolte. Il compito del partito, in quanto avanguardia della classe operaia, la quale è egemone nei confronti delle classi sociali alleate del salariato povero, è proprio quello di guidare le classi oppresse verso la rivoluzione socialista, la presa del potere politico, la soppressione dello Stato borghese con la sostituzione dello Stato socialista, proletario che de facto è transitorio, e l’instaurazione della dittatura del proletariato. Per fare ciò, però, è necessario che i quadri del partito abbiano capacità ideologiche e organizzative eccezionali. Dopotutto, nessun operaio si farebbe mai guidare da un cieco.
Il partito marxista-leninista ha, quindi, il compito di educare e organizzare se stesso affinché guidi le classi oppresse nella lotta di classe, che si rende necessaria proprio per l’emersione delle contraddizioni interne alla società capitalista, prima, e socialista, dopo. Il lavoro quotidiano del partito deve concentrarsi nell’educazione teorica, nell’organizzazione partitica e nell’agitazione politica.
Come accennato, quindi, anche nel socialismo e, potremmo dire soprattutto nel socialismo, si radicalizza la lotta di classe. Ciò significa che ci sono forze antagoniste in conflitto sulla base di contraddizioni interne dentro la società socialista. Ma i conflitti di classe che emergono sulla base delle contraddizioni interne alla società sono, tra capitalismo e socialismo, di natura diversa. Mentre la società capitalista è definita da determinati rapporti di produzione consolidati nello spazio e nel tempo, ovvero è una società la cui classe dominante ha già vinto e nel tempo consolidato il proprio dominio in estensione e in profondità, il socialismo rimane una fase di “transizione” tra il capitalismo e la fase superiore della società comunista, esattamente come un adolescente è un essere umano in “transizione” tra il grembo materno e l’età matura. E, di conseguenza, diversa deve essere la nostra comprensione della relazione tra cambiamenti quantitativi e qualitativi. Potremmo forse speculare, rimandando una più completa analisi nei prossimi interventi, che i cambiamenti quantitativi sono in effetti matematicamente equivalenti a vettori con una magnitudine e una direzione. In società storicamente determinate e consolidate come quella antica, feudale, capitalista, i cambiamenti quantitativi sono essenzialmente piccoli, impercettibili passi in avanti della storia che portano a cambiamenti qualitativi, ovvero aperti e radicali. Quindi, parliamo di cambiamenti quantitativi che potremmo considerare vettori con determinata magnitudine ma uguale direzione. In avanti, poiché la storia non torna indietro. Dopotutto, sarebbe impossibile per noi tornare al feudalesimo proprio perché l’avanzamento nel grado di sviluppo delle forze produttive parte dall’avanzamento nel grado di sviluppo dei mezzi di produzione. Non è più storicamente possibile tornare a lavorare il telaio a mano. La dialettica, difatti, ci indica che il processo di sviluppo deve essere inteso come moto progressivo, ascendente, “come il passaggio dal vecchio stato qualitativo a un nuovo stato qualitativo.” (Stalin)
Diversa, invece, è la situazione nel socialismo ed è per questo che Lenin chiaramente ci avvisa delle moltiplicate difficoltà nel condurre la lotta di classe nella prima fase della società comunista. Il socialismo, in quanto prima fase della società comunista è in costante lotta tra l’avanzamento verso il comunismo maturo, la fase superiore, e il ritorno al capitalismo. In tale contesto, i cambiamenti quantitativi possono assumere una doppia direzione: avanti, verso il futuro, oppure indietro verso il passato. La direzione inversa, che guarda al passato, è certamente possibile poiché è aperta la battaglia tra il futuro, la fase superiore del comunismo, e il passato, il capitalismo. La controrivoluzione borghese non è altro che un cambiamento qualitativo dal futuro al passato, dopo lenti, latenti cambiamenti quantitativi a direzione inversa. Ciò è possibile, come è avvenuto nella storia, proprio perché il socialismo rimane una società “di mezzo” tra la società capitalista e la società comunista. Non è assolutamente possibile, quindi, cantare vittoria e gridare ai quattro venti che il socialismo ha vinto; che la società socialista è costruita. No. Esattamente come lo Stato socialista, di per sé transitorio, è destinato ad estinguersi (considerando una evoluzione positiva della storia) in modo graduale, evolutivo, dialettico, così il socialismo si immette dialetticamente nella fase superiore del comunismo. È molto probabile che nessuno si renderà mai conto di essere entrato nella fase superiore della società comunista.
È evidente che anche in questo contesto di “transizione”, il partito deve perseguire l’obiettivo di risolvere le contraddizioni della società socialista. Naturalmente, non vi è più l’oppressione dell’uomo sull’uomo; i rapporti sociali di produzione si basano sulla proprietà comune dei mezzi di produzione; la classe operaia è al potere e ha come alleati, per la costruzione del socialismo, le classi sociali legate al salariato povero; ha compiuto ovviamente con successo la rivoluzione socialista, cambiamento qualitativo tanto atteso dai lavoratori e dal partito; ha risolto la contraddizione tra la socializzazione della produzione e la non-socializzazione dei mezzi di produzione; ha sconfitto politicamente la borghesia; ha soppresso lo Stato borghese e cominciato a sostituirlo con lo Stato socialista con i suoi processi democratici non legati più alle elezioni per circoscrizioni territoriali ma alle elezioni per cellula di produzione, alle elezioni legate ai posti di lavoro. Ma rimane ancora un grandissimo lavoro da fare: sconfiggere economicamente la borghesia; spezzare con la forza la resistenza degli ex-capitalisti, industriali e agricoli, interni ed esterni al paese; socializzare tutti i mezzi di produzione; spegnere qualsiasi fonte di capitale privato, in particolar modo la piccola produzione; eliminare le classi sociali; eliminare la divisione del lavoro. Ma soprattutto, risolvere durante il lunghissimo periodo del socialismo le contraddizioni che emergeranno tra forze produttive in costante sviluppo e possibili catene create da non adatti rapporti sociali di produzione durante la costruzione economica del socialismo. Per compiere questo immenso lavoro è necessaria la dittatura del proletariato, la forza decisa dello Stato socialista a guida operaia.
Dice Lenin che la dittatura del proletariato significa: “solo una classe determinata, e precisamente gli operai e le operaie delle città e in generale gli operai di fabbrica, gli operai industriali, è in grado di dirigere tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati nella lotta per distruggere il potere del capitale, nel processo di distruzione, nella lotta per assicurare e consolidare la vittoria, nella creazione del nuovo ordine sociale, dell’ordine socialista, in tutta la lotta per l’abolizione completa delle classi.” Ma come si arriva all’istaurazione della dittatura del proletariato che copre tutta la prima fase del comunismo, ovvero tutto il periodo del socialismo? Marx, prima, e Lenin, dopo, ci insegnano che il comunismo è generato dal capitalismo, si sviluppa storicamente dal capitalismo ed è il risultato dell’azione di una forza sociale prodotta dal capitalismo. Non ci sono sbalzi nell’evoluzione storica, non ci sono punti di discontinuità tra una società e l’altra. Dal capitalismo emerge il socialismo in quanto prima fase del comunismo, e dal socialismo emergerà il comunismo maturo.
Se però, il passaggio dal capitalismo al socialismo è stato determinato da un cambiamento qualitativo, da una transizione di fase, dalla rivoluzione socialista, il passaggio dal socialismo alla fase superiore del comunismo sarà determinato da un progressivo, costante, susseguirsi di cambiamenti quantitativi che dovranno tenere conto, però, dell’adeguamento dei rapporti di produzione alle sempre più sviluppate forze produttive. Adeguamento necessario per evitare inversioni, rotture controrivoluzionarie di natura qualitativa.
Dice Marx nel capitolo IV della Critica al programma di Gotha che “tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico di transizione, il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato". Lo Stato socialista, proletario è la dittatura del proletariato. “L’essenza di ogni Stato è la dittatura della classe dominante.” Lo sviluppo progressivo dal capitalismo al comunismo deve passare, quindi, dalla dittatura del proletariato la quale copre sicuramente tutta la fase del socialismo. Durante questo periodo di dittatura, la classe operaia, egemone rispetto alle altre classi del salariato povero, deve spezzare con lo strumento dello Stato la forza, la resistenza degli ex capitalisti sfruttatori. Dice Engels: “Finché il proletariato ha ancora bisogno dello Stato, ne ha bisogno non nell’interesse della libertà, ma nell’interesse dell’assoggettamento dei suoi avversari, e quando diventa possibile parlare di libertà, lo Stato come tale cessa di esistere.”
Quando il graduale ma inesorabile, regolare passaggio alla fase superiore del comunismo si compie e ciò avverrà nelle condizioni sopra elencate, ci sarà il passaggio da “secondo il lavoro” a “secondo i bisogni”. Ovvero, da “ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo il suo lavoro” (socialismo), a “ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni” (comunismo maturo). Realizzato questo principio, lo Stato si estinguerà, “cioè quando gli uomini si saranno talmente abituati a osservare le regole fondamentali della convivenza sociale e il lavoro sarà diventato talmente produttivo ch'essi lavoreranno volontariamente secondo le loro capacità.” (Lenin) Inoltre, la distribuzione dei prodotti non renderà più necessario che la società razioni i prodotti a ciascuno: ciascuno sarà libero di attingere "secondo i suoi bisogni". Nel comunismo maturo, quindi, si lavorerà volontariamente secondo le proprie capacità e si attingerà volontariamente secondo i propri bisogni.
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