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Lenin: sugli Stati Uniti d’Europa In evidenza

di Manuel Santoro

Prima di iniziare vorrei ringraziare le compagne e i compagni che ci scrivono all’indirizzo di posta elettronica della Scuola Rossa, che commentano il nostro lavoro anche sul nostro canale YouTube e sui nostri social, e mi auguro che ciò continui e che voi compagni, lavoratori, operai, continuiate a condividere le nostre lezioni in modo tale da raggiungere un numero sempre più grande di lavoratori.

Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/On0N312GF_M?si=4oeZACZ0R4kVOtJS

Il lavoro della Scuola Rossa è un lavoro di tipo teorico, educativo che ha l’obiettivo appunto di educare tutti voi al marxismo-leninismo, attraverso non solo i nostri seminari quali quello di oggi “Incontro con Lenin” oppure “Dialogando con Stalin” ma soprattutto educarvi grazie al nostro piano di studi.

Naturalmente l’educazione teorica rimane la condizione necessaria ma non sufficiente per il risveglio dei lavoratori, per la presa di coscienza da parte dei lavoratori del loro ruolo storico e, soprattutto, l’educazione è condizione necessaria ma non sufficiente per la costruzione di un partito dei lavoratori, composto dalla parte più cosciente ed educata della classe operaia e lavoratrice salariata. Perché parlo di condizione necessaria ma non sufficiente. Per il semplice motivo che la condizione “sufficiente” non dipende sempre da noi. I lavoratori coscienti possono contribuire e hanno l’obbligo di farlo, ma ciò non è immediato.

Farò alcuni esempi. Il primo lo abbiamo esposto nell’ultima lezione di “Dialogando con Stalin” in cui Lenin scrive che

senza le grandiose battaglie di classe del 1905-1907, senza l’energia rivoluzionaria di cui diede prova il proletariato russo in quei tre anni, una seconda rivoluzione tanto rapida sarebbe stata impossibile. La prima rivoluzione (1905) aveva dissodato profondamente il terreno, sradicato pregiudizi secolari, ridestato alla vita e alla lotta politica milioni di operai e decine di milioni di contadini.

Ma chi portò avanti allora questa prima rivoluzione del 1905 e permise il profondo dissodamento del terreno sradicando pregiudizi secolari? Chi ridestò alla vita e alla lotta politica milioni di operai e decine di milioni di contadini? La componente più cosciente della classe operaia per quanto limitata potesse essere. Ciò fu vero anche nel febbraio del 1917 (la seconda rivoluzione…quella borghese).

Questo è un fatto. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Come abbiamo esposto precedentemente in altre lezioni, 

milioni di operai, contadini, uomini in generale, si erano svegliati ma erano stati attratti dalla vita politica senza esservi preparati, e questa impreparazione li portò nelle braccia dei venditori di fumo, dei menscevichi e socialisti-rivoluzionari, i quali non avevano alcuna intenzione di porre fine alla guerra e di esaudire le rivendicazioni dei lavoratori e dei contadini.

Di conseguenza, compagni, da una parte abbiamo la parte più cosciente della classe operaia la cui azione consente a milioni di operai e decine di milioni di contadini di svegliarsi dal torpore, di essere attratti dalla vita politica; dall’altra parte, l’assoluta impreparazione teorica e politica di questi milioni di operai e decine di milioni di contadini che cadono inermi tra le braccia dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. L’educazione teorica e politica è quindi condizione necessaria per emanciparsi.

Ma per quanto ci siano lavoratori coscienti che continuano un lavoro costante, il successo dell’atto rivoluzionario richiede a volte di più; qualcosa che non è sotto il nostro controllo. Lo abbiamo esposto la scorsa volta mi pare, ovvero, come riporta Lenin:

Senza la rivoluzione del 1905-1907, senza la controrivoluzione del 1907-1914, sarebbe stata impossibile una così netta «autodeterminazione» di tutte le classi del popolo russo e dei popoli che abitano la Russia, sarebbe stata impossibile una precisazione dell'atteggiamento di queste classi le une verso le altre e verso la monarchia zarista quale si è avuta negli otto giorni della rivoluzione del febbraio-marzo 1917.

Ma a questi due grandi eventi storici, la vittoriosa seconda rivoluzione del febbraio-marzo del 1917 ebbe necessità, come dice Lenin, di un regista,

un grande, forte e onnipotente «regista», capace, da un lato, di accelerare al massimo il corso della storia universale e, dall'altro, di generare crisi mondiali di incomparabile intensità, crisi economiche, politiche, nazionali e internazionali.

Ovvero, la guerra mondiale imperialistica.

Di conseguenza, e in sintesi, il compito della Scuola Rossa è raggiungere ed educare i lavoratori i quali formino la componente cosciente della classe, il partito della classe appunto, e inizino un’opera di agitazione politica portano a sé il resto dei lavoratori. E ciò rimane la condizione necessaria.  

Oggi analizzeremo un breve scritto di Lenin dal titolo “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti D’Europa”, dell’Agosto del 1915, e inizieremo per chiarezza dalla fine. Ciò sarà il nostro punto di arrivo, ovvero, scrive Lenin

ecco in forza di quali considerazioni — che sono il risultato di ripetute analisi della questione compiute nel corso della conferenza delle sezioni estere del POSDR e dopo la conferenza — la redazione dell’organo centrale è giunta alla conclusione che la parola d’ordine degli Stati uniti d’Europa è sbagliata.

Quali sono queste considerazioni? La questione qui è fondamentale e importante poiché traccia un solco tra coloro che guardavano solo all’aspetto prettamente politico e coloro invece che, conoscendo Marx, si focalizzavano e volevano meglio capire l’aspetto economico. Scrive difatti Lenin che   

la discussione di tale problema (ovvero la questione della parola d’ordine “Stati Uniti d’Europa”) aveva preso, nella nostra conferenza, un carattere politico unilaterale. In parte, ciò è forse dovuto al fatto che questa parola d’ordine era stata espressamente formulata come parola d’ordine politica dove, però, non solo si propugnavano gli Stati uniti repubblicani d’Europa, ma si sottolineava specialmente che questa parola d’ordine è assurda e bugiarda «senza l’abbattimento rivoluzionario delle monarchie tedesca, austriaca e russa».

Naturalmente, rimane necessario abbattere le monarchie reazionarie. Ma ciò non può distogliere l’occhio dall’obiettivo finale, ovvero la rivoluzione socialista i cui rapporti sociali di produzione e i rapporti di proprietà sono assolutamente differenti rispetto a quelli capitalistici, borghesi.

Scrive difatti Lenin che

le trasformazioni politiche a tendenza effettivamente democratica, e ancor più le rivoluzioni politiche, non possono in nessun caso, mai, ed a nessuna condizione, né offuscare né indebolire la parola d’ordine della rivoluzione socialista. Al contrario, esse avvicinano sempre più questa rivoluzione, ne allargano la base, attirano nella lotta socialista nuovi strati della piccola borghesia e delle masse semiproletarie. D’altra parte, le rivoluzioni politiche sono inevitabili durante lo sviluppo della rivoluzione socialista, la quale non deve esser considerata come un atto singolo, bensì come un periodo di tempestose scosse economiche e politiche, di lotta di classe molto acuta, di guerra civile, di rivoluzioni e di controrivoluzioni.

Siamo in un periodo storico molto contraddittorio dove il revisionismo, l’opportunismo prende anche piede, con una demarcazione netta tra chi si adagia nel considerare la sfera politica come il faro di ogni cosa e chi continua a far riferimento all’insegnamento marxista “struttura-sovrastruttura”. La parola d’ordine “Stati uniti (borghesi) d’Europa” va bene nell’ottica di un superamento definitivo delle monarchie che appartengono alle forme di governo del feudalesimo, ma non va assolutamente bene se non si considera la struttura su cui andranno a poggiare questi Stati Uniti d’Europa. La questione economica, quindi, rimane aperta e Lenin la ribadisce dicendo che 

se la parola d’ordine degli Stati uniti repubblicani d’Europa, collegata all’abbattimento rivoluzionario delle tre monarchie europee più reazionarie, con la monarchia russa alla testa, è assolutamente inattaccabile come parola d’ordine politica, rimane pur sempre da risolvere l’importantissima questione del suo contenuto e significato economico.

Ed è qui che Lenin anticipa ciò che analizzerà in “Imperialismo, fase suprema del capitalismo”, e la sua critica a molti rinnegati, ex-marxisti, quali Kautschy. Scrive difatti che

dal punto di vista delle condizioni economiche dell’imperialismo, ossia dell’esportazione del capitale e della divisione del mondo da parte delle potenze coloniali «progredite» e «civili», gli Stati uniti d’Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari. Il capitale è divenuto internazionale e monopolistico. Il mondo è diviso fra un piccolo numero di grandi potenze, vale a dire fra le potenze che sono meglio riuscite a spogliare e ad asservire su grande scala altre nazioni.

E continua:

Cosi è organizzata, nel periodo del più alto sviluppo del capitalismo, la spoliazione di circa un miliardo di uomini da parte di un gruppetto di grandi potenze. E nessun’altra forma di organizzazione è possibile in regime capitalistico. Rinunciare alle colonie, alle «sfere di influenza», all’esportazione di capitali? Pensare questo significherebbe mettersi al livello del pretonzolo che ogni domenica predica ai ricchi la grandezza del cristianesimo e consiglia di fare ai poveri la carità.

E qui la perla che evidenzia ciò che noi siamo oggi, de facto, ovvero:

In regime capitalistico, gli Stati uniti d’Europa equivalgono ad un accordo per la spartizione delle colonie. In regime capitalistico non è possibile altra base, altro principio di spartizione che la forza.

La struttura economica rimane fondamentale da analizzare. Seppur la sovrastruttura sia ciò che noi osserviamo e percepiamo quotidianamente, l’analisi dei rapporti sociali di produzione rimane fondativa. Il capitalismo lo sappiamo è, in quanto società, basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e, di conseguenza, sulla proprietà privata di ciò che viene prodotto. Non può esserci distribuzione giusta dei beni prodotti, della ricchezza, del reddito prodotto senza una distribuzione equa della proprietà dei mezzi di produzione. Quante volte lo abbiamo detto e ridetto, ma la sinistra fucsia e gli pseudo-comunisti del campo borghese continuano con questa filastrocca. Lo ripete Lenin, dopo Marx ed Engels per l’ennesima volta:

Il capitalismo è la proprietà privata dei mezzi di produzione e l’anarchia della produzione. Predicare una «giusta» divisione del reddito su una tale base è prudhonismo, ignoranza piccoloborghese, filisteismo. Non si può dividere se non «secondo la forza». E la forza cambia nel corso dello sviluppo economico.

Nella fase dell’imperialismo, la fase di putrefazione del capitalismo, diviene evento naturale la guerra di conquista. Non siamo più come ai tempi di Marx ed Engels in cui il capitalismo era, come direbbe Stalin, nella sua fase ascendente in cui la causa della distruzione delle forze produttive erano le crisi commerciali. Siamo nella fase suprema del capitalismo, nell’imperialismo, nella fase stagnante del capitalismo e alle crisi economiche si aggiunge la guerra. E, come riporta Lenin,

La guerra non è in contraddizione con le basi della proprietà privata ma è il risultato diretto e inevitabile dello sviluppo di queste basi. In regime capitalistico [in questa fase] non è possibile un ritmo uniforme dello sviluppo economico né delle singole aziende, né dei singoli Stati. In regime capitalistico non sono possibili altri mezzi per ristabilire di tanto in tanto l’equilibrio spezzato, all’infuori della crisi nell’industria, e della guerra nella politica.

Certo [continua Lenin], fra i capitalisti e fra le potenze sono possibili accordi temporanei.

Ma questi accordi temporanei di pace servono esclusivamente per preparare la guerra imperialistica, o meglio la guerra della politica che è al servizio dell’arricchimento delle classi sociali dominanti. E quali sono le classi sociali dominanti nell’imperialismo? Le oligarchie finanziarie, monopolistiche, le quali avranno sempre l’obiettivo non solo dell’arricchimento ma anche quello di spezzare qualsiasi speranza socialista.

Scrive Lenin:

In tal senso sono anche possibili gli Stati uniti d’Europa, come accordo fra i capitalisti europei...Ma a qual fine? Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa per conservare, tutti insieme, le colonie usurpate…

Sulla base economica attuale, ossia in regime capitalistico, gli Stati uniti d’Europa significherebbero l’organizzazione della reazione…

Invece,

Gli Stati uniti del mondo (e non d’Europa) rappresentano la forma statale di unione e di libertà delle nazioni, che per noi è legata al socialismo, fino a che la completa vittoria del comunismo non porterà alla sparizione definitiva di qualsiasi Stato, compresi quelli democratici.

Ma dopotutto, la parola d’ordine “Stati uniti del mondo” potrebbe confondere e trarre in inganno. Spiega Lenin, da una parte “essa coincide con il socialismo” ma dall’altra parte

potrebbe generare l’opinione errata dell’impossibilità della vittoria del socialismo in un solo paese, una concezione errata dei rapporti di tale paese con gli altri.

Ovviamente, per chi studia Lenin, è risaputo che Lenin fosse assolutamente convinto, e giustamente, con l’aspirazione del socialismo in un solo paese e ciò perché eravamo orami in regime imperialistico e non più, come Marx ed Engels, in regime di libera concorrenza. Nella fase dei monopoli vige la legge dell’ineguaglianza dello sviluppo economico, ed è ciò che Stalin ripeterà fino allo sfinimento contro gli ignoranti trotskisti di turno.

Scrive Lenin:

L’ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo dapprima in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico, preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata nel proprio paese la produzione socialista, si porrebbe contro il resto del mondo capitalistico, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, infiammandole a insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi sfruttatrici e i loro Stati.

Impossibile [continua Lenin] è la soppressione delle classi senza la dittatura della classe oppressa, il proletariato.

Ecco in forza di quali considerazioni — che sono il risultato di ripetute analisi della questione compiute nel corso della conferenza delle sezioni estere del POSDR e dopo la conferenza — la redazione dell’organo centrale è giunta alla conclusione che la parola d’ordine degli Stati uniti d’Europa è sbagliata.

Ciò quindi dimostra che la parola d’ordine degli «Stati uniti d’Europa» è errata sul piano economico.

E concludiamo con il seguente passaggio. La parola d’ordine “Stati uniti d’Europa”:

O è una rivendicazione irrealizzabile in regime capitalistico, poiché presuppone uno sviluppo armonico dell’economia mondiale mentre le colonie, le sfere d’influenza, ecc. sono divise fra diversi paesi. O è una parola d’ordine reazionaria, che significa un’alleanza temporanea delle grandi potenze d’Europa per una più efficace oppressione delle colonie.

 

Ultima modifica ilGiovedì, 18 Aprile 2024 20:40
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