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La rivoluzione si mobilita e i bolscevichi entrano nella clandestinità In evidenza

Parte del lavoro della Scuola Rossa: Dialogando con Stalin

Continuiamo il nostro lavoro di analisi del testo fondamentale di Stalin dal titolo “Trotskismo o Leninismo?”, il cui obiettivo è semplicemente quello di ristabilire la verità storica. E ciò vuol dire essenzialmente ripulire la figura teorica, politica, storica di Stalin dalle menzogne dei trotskisti e dei controrivoluzionari (i quali sono agenti della borghesia nel movimento operaio), da una parte, e dalle menzogne degli agenti dell’imperialismo dall’altra.

Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/-aEcjKl6C48?si=hrmRhHlKRrMeE-b3

L’ultima volta avevamo analizzato il periodo dell’emersione del cosiddetto “dualismo del potere”, periodo in cui abbiamo il governo provvisorio, da una parte, e i Soviet dall’altra, anche se per il momento a maggioranza menscevica e socialista-rivoluzionaria. E avevamo affermato che, comunque, i Soviet erano composti da milioni di operai e soldati, i quali questi ultimi provenivano in gran parte dalla classe contadina, che volevano risposte alle loro domande, alle loro richieste e alle loro aspirazioni. Se andate a rivedere la precedente lezione, ci troverete il seguente passaggio di Stalin, ovvero che:

accanto al governo borghese esisteva un altro potere: il Soviet dei deputati operai e soldati.

I deputati soldati erano soprattutto dei contadini mobilitati. Il Soviet dei deputati operai e soldati era l’organo dell’alleanza degli operai e dei contadini contro il potere zarista e, nello stesso tempo, l’organo del loro potere, l’organo della dittatura della classe operaia e dei contadini.

Da questo fatto derivava un originale intreccio di due poteri, di due dittature, la dittatura della borghesia, rappresentata dal Governo provvisorio, e la dittatura del proletariato e dei contadini, rappresentata dal Soviet dei deputati operai e soldati.

Vi era il dualismo del potere.

Siamo nel periodo storico immediatamente successivo alla rivoluzione di febbraio (marzo) del 1917.

Ora facciamo un passo in avanti, ovvero iniziamo dal considerare l’estinguersi di questo dualismo poiché, come riporta Stalin,

il tratto caratteristico di questo periodo va visto nell'acutizzazione della crisi e nella rottura di quell'equilibrio instabile tra i Soviet e il governo provvisorio che esisteva, bene o male, nel periodo precedente. Il dualismo del potere diveniva intollerabile per entrambe le parti. Il fragile edificio della "commissione di contatto" viveva i suoi ultimi giorni.

La “commissione di contatto” fu istituita dal comitato esecutivo dei Soviet il 21 marzo ed ebbe l’effetto di aiutare il governo provvisorio nella realizzazione della sua politica controrivoluzionaria. Cessò di funzionare nell’aprile 1917.

Nel lavoro di Lenin “I partiti politici in Russia e i compiti del proletariato” scritto nell’Aprile del 1917, Vol. 24 delle Opere complete, Lenin riporta come sia i menscevichi che i socialisti-rivoluzionari fossero concordi nell’appoggiare il governo provvisorio

a condizione che rispetti l’accordo stipulato con i soviet dei deputati degli operai e dei soldati, e assista alle riunioni della “commissione di contatto. 

Naturalmente, i bolscevichi avevano una linea opposta poiché dissero da subito di no. Scrive Lenin:

Siano i capitalisti ad appoggiarlo. Per parte nostra, dobbiamo preparare tutto il popolo al potere unico e indivisibile dei soviet dei deputati degli operai, dei soldati, ecc.

Ricordiamo, poiché ciò è molto importante per comprendere i punti di riferimento delle organizzazioni comuniste qui in Italia oggi che alla domanda “quali classi rappresentano questi partiti; di quali classi esprimono le opinioni”, Lenin risponde:

i socialdemocratici (menscevichi) e i socialisti-rivoluzionari rappresentano i piccoli proprietari, i contadini piccoli e medi, la piccola borghesia e gli strati di operai soggetti all’influenza della borghesia.

i bolscevichi, invece, i proletari coscienti, gli operai salariati e i loro alleati, gli strati più poveri dei contadini (semiproletari).

Inoltre, quale atteggiamento hanno questi partiti verso il socialismo? Lenin risponde:

i socialdemocratici (menscevichi) e i socialisti-rivoluzionari sostengono il socialismo, ma ritengono che sarebbe prematuro pensarvi e prendere immediatamente misure pratiche per realizzarlo.

i bolscevichi, invece, sostengono il socialismo. I soviet dei deputati degli operai, ecc. devono prendere subito tutte le misure praticamente possibili per realizzare il socialismo.

Questo passaggio è molto importante per la nostra lezione oggi poiché si riallaccia a ciò che Stalin denuncia come proprie e vere menzogne di Trotsky e associati nei confronti della verità, e che vedremo meglio la prossima volta. Scrive Stalin:

Ancor peggio stanno le cose per Trotsky quando parla della posizione presa da Lenin sulla forma dell'insurrezione. Da quel che dice Trotsky risulterebbe che, secondo Lenin, il partito avrebbe dovuto prendere il potere in ottobre "indipendentemente dal Soviet e alle loro spalle". Trotsky dice qui falsità su Lenin, travisa il punto di vista di Lenin sulla funzione dei Soviet nell'insurrezione. Si potrebbe citare un mucchio di documenti a dimostrazione del fatto che Lenin proponeva di prendere il potere tramite i Soviet, quello di Pietrogrado o di Mosca, e non alle loro spalle. Che bisogno aveva Trotsky di questa leggenda più che strana su Lenin?

Si domanda Stalin. Su Trotsky continueremo a smantellare tutte le sue falsità e quelle dei suoi devoti, incluse le borghesie internazionali ma su questo punto tra il “mucchio di documenti a dimostrazione del fatto che Lenin proponeva di prendere il potere tramite i Soviet”, ne abbiamo citato uno. Originale. Proprio dalle opere complete di Lenin. Lenin scrive:

i bolscevichi, invece, sostengono il socialismo. I soviet dei deputati degli operai, ecc. devono prendere subito tutte le misure praticamente possibili per realizzare il socialismo.

È evidente, quindi, come Trotsky sia solo un bugiardo, e questa è una tra le migliaia di menzogne diffamatorie contro i bolscevichi, contro Lenin e contro Stalin. Ripetiamo. Trotsky non è mai stato un bolscevico; Trotsky era un antimarxista e un antileninista.

Il 24 aprile (7 maggio) 1917 ha inizio la VII Conferenza bolscevica; la cosiddetta Conferenza d’Aprile. Come riporta la Commissione incaricata dal Comitato Centrale di redigere la storia del partito,

La conferenza discusse ed elaborò la linea del partito in tutte le questioni fondamentali della guerra e della rivoluzione: situazione generale, guerra, Governo provvisorio, Soviet, questione agraria, questione nazionale, ecc.

Nella sua relazione, Lenin sviluppò i princìpi già espressi precedentemente nelle Tesi d’Aprile.

Il compito del partito era il seguente: effettuare il passaggio dalla prima tappa della rivoluzione «che ha dato il potere alla borghesia... alla sua seconda tappa che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini» (Lenin). Il partito doveva orientarsi verso la preparazione della rivoluzione socialista e come compito immediato del partito, Lenin formulava la parola d’ordine: «Tutto il potere ai Soviet!». La parola d’ordine «Tutto il potere ai Soviet!» voleva dire che era indispensabile porre fine al dualismo del potere, ossia alla divisione del potere tra il Governo provvisorio e i Soviet; che era necessario rimettere tutto il potere ai Soviet, e scacciare dagli organi del potere i rappresentanti dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti.

Continua la commissione:

La conferenza stabilì che uno dei compiti più importanti del partito consisteva nello spiegare instancabilmente alle masse questa verità: «Il Governo provvisorio per il suo carattere è un organo di dominio dei grandi proprietari fondiari e della borghesia», e così pure nel denunciare ciò che vi era di nefasto nella politica conciliatrice dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, che ingannavano il popolo con promesse menzognere e lo esponevano ai colpi della guerra imperialistica e della controrivoluzione.

Kamenev e Rykov presero la parola contro Lenin. Entrambi erano sulla stessa linea dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari i quali seguivano i partiti socialdemocratici europei e la linea della repubblica borghese, oltre la quale non si doveva andare. Essenzialmente, si allineavano con i socialdemocratici sulla parola d’ordine: tutto il potere alla borghesia. Anche Zinoviev si pone contro Lenin durante questa Conferenza sulla questione del blocco di Zimmerwald. Ovvero, rimanere – secondo Zinoviev - e quindi essere complici dell’imperialismo.

Scrive la commissione:

Fu così che alla Conferenza d’Aprile si smascherò la linea opportunista, antileninista di Kamenev, Zinoviev, Piatakov, Bukharin, Rykov e dei loro scarsi seguaci.

La conferenza compatta seguì Lenin, assumendo una posizione chiara su tutte le questioni importanti e orientandosi verso la vittoria della rivoluzione socialista.

Sulla dimostrazione di giugno a Pietrogrado di cui parla Stalin nel suo testo, si riferisce al I Congresso dei Soviet di tutta la Russia che prese la decisione di proibire la manifestazione fissata dal Comitato centrale del partito bolscevico per il 10 (23) giugno 1917, che doveva far conoscere al Congresso dei Soviet la volontà degli operai e dei soldati di Pietrogrado che esigevano il passaggio di tutto il potere ai soviet. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari presero posizione contro la manifestazione che si stava preparando e fecero approvare dal Congresso una decisione in questo senso. I bolscevichi si sottomisero alla decisione del Congresso e la manifestazione fu spostata al 18 giugno (1° luglio), giorno fissato per una manifestazione dal Congresso stesso. Il 18 giugno circa 500.000 operai e soldati di Pietrogrado parteciparono alla manifestazione. L’immensa maggioranza dei dimostranti sfilò sotto le parole d’ordine rivoluzionarie del partilo bolscevico. Solo piccoli gruppi portavano le parole d’ordine dei partiti conciliatori che invitavano alla fiducia nel governo provvisorio.

Su questo evento storicamente manipolato e travisato da Trotsky, scrive Stalin che

Trotsky ha completamente torto quando asserisce che il tentativo compiuto, "su iniziativa di Lenin", di organizzare la dimostrazione del 10 giugno fu tacciato di "avventurismo" dai membri "di destra" del Comitato Centrale. Se Trotsky non scrivesse seguendo Sukhanov, avrebbe certamente saputo che la dimostrazione del 10 giugno fu rinviata col pieno consenso di Lenin, e che la necessità del rinvio fu difesa da Lenin in un grande discorso alla celebre seduta del Comitato di Pietrogrado.

Difatti, Lenin, nelle sue Opere complete, Volume 25, scrive nel breve testo “Confusi e impauriti” che

Il grande incidente è quello della dimostrazione. Il Comitato centrale del nostro partito decide, insieme con una serie di altre organizzazioni, fra le quali l’Ufficio dei sindacati, una manifestazione pacifica, una sfilata per le vie della capitale.

Uomini confusi e impauriti, fra i quali soprattutto la maggioranza del congresso dei soviet, fanno di questa dimostrazione una «storia» inaudita. La maggioranza del congresso dei soviet approva una risoluzione tonante, piena di espressioni durissime contro il nostro partito e contro la dimostrazione, e proibisce per tre giorni tutte le manifestazioni, comprese quelle pacifiche.

Quando questa decisione formale è presa, il Comitato centrale del nostro partito, alle due della notte fra il giovedì e il venerdì, decide di disdire la manifestazione. Il sabato mattina questa decisione viene applicata in un’assemblea dei rappresentanti dei quartieri, convocata d’urgenza.

E nel suo grande discorso alla celebre seduta del Comitato di Pietrogrado, come abbiamo riportato da Stalin, del 11 (24) giugno 1917, Lenin scrive testualmente (così da provare le menzogne di Trotsky e dei trotskisti):

Il malcontento della maggioranza dei compagni per la revoca della dimostrazione è completamente legittimo, ma il Comitato centrale non poteva agire diversamente per due motivi: in primo luogo, avevamo ricevuto da un semi-organo del potere il divieto formale di fare la dimostrazione; in secondo luogo, questo divieto era cosi motivato: «Sappiamo che forze controrivoluzionarie camuffate vogliono approfittare della vostra manifestazione».

Persino in una guerra ordinaria accade che si debba rinviare per motivi strategici l’offensiva fissata; tanto più questo può accadere nella lotta di classe, in seguito ai tentennamenti dei ceti medi piccolo borghesi.

Bisogna saper valutare il momento ed essere audaci nelle decisioni.

La revoca della dimostrazione era una necessità assoluta, come hanno dimostrato gli avvenimenti successivi.

Oggi la rivoluzione è entrata in una nuova fase del suo sviluppo. Hanno incominciato col proibire la nostra pacifica dimostrazione per tre giorni, vogliono proibirla per tutta la durata del congresso, esigono da noi la sottomissione alla decisione del congresso e minacciano di espellerci dal congresso. Ma abbiamo dichiarato che preferiamo essere arrestati piuttosto che rinunziare alla libertà di agitazione.

Si dichiara, continua Lenin nel suo discorso, che

bisogna lottare contro i bolscevichi non con parole o con risoluzioni, ma privandoli di tutti i mezzi tecnici di cui dispongono. È la solita conclusione delle rivoluzioni borghesi: prima armare il proletariato, poi disarmarlo perché non vada oltre. Se è stato necessario proibire una manifestazione pacifica, la situazione è molto seria.

Vi è il chiaro desiderio, continua Lenin,

di disarmare gli operai…che i bolscevichi siano messi fuori dalle file della democrazia rivoluzionaria. Gli operai debbono rendersi conto, a mente fredda, che non si può più parlare di dimostrazione pacifica. La situazione è assai più grave di quanto supponessimo. Noi andavamo a una dimostrazione pacifica per esercitare la massima pressione sulle decisioni del congresso — è un nostro diritto — e ci accusano di avere organizzato un complotto per arrestare il governo.

I bolscevichi cominciano ad essere tacciati come controrivoluzionari. Esattamente come nei decenni Stalin, l’erede di Lenin, è stato tacciato dai traditori della classe operaia e del socialismo di essere un controrivoluzionario, quando invece è stato colui che ha portato avanti la costruzione del socialismo in Unione Sovietica secondo il marxismo-leninismo.

I menscevichi e socialisti-rivoluzionari iniziano ad affermare, per bocca di Tsereteli, che – dice Lenin -

tranne i bolscevichi, non ci sono controrivoluzionari.

Continua Lenin:

La risposta del proletariato deve essere: massima calma, prudenza, fermezza, organizzazione; e dobbiamo ricordare bene che le manifestazioni pacifiche appartengono al passato.

Non dobbiamo fornir loro motivi di aggressione; attacchino loro e gli operai capiranno che essi attentano all’esistenza stessa del proletariato.

Ma la realtà è con noi, e non si sa ancora se la loro aggressione avrà successo: al fronte ci sono le truppe, il loro malcontento è assai forte, nelle retrovie c’è l’alto costo della vita, lo sfacelo economico, ecc.

Intanto i bolscevichi continuavano la loro azione di propaganda per “conquistare le masse, per educarle e prepararle alla lotta”.

Scrive la commissione che

Oltre al lavoro nei Soviet, i bolscevichi svolgevano un’attività intensissima nei sindacati, nei comitati di fabbrica e d’officina. Particolarmente importante era il loro lavoro nell’esercito: ovunque creavano organizzazioni militari; sia al fronte che nelle retrovie, lavoravano instancabilmente ad organizzare soldati e marinai.

Fu per merito della propaganda e dell’agitazione bolscevica, se già nei primi mesi della rivoluzione, in molte città gli operai rinnovarono i Soviet, soprattutto rionali, cacciando via i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari ed eleggendo al loro posto i partigiani dei bolscevichi. Il lavoro dei bolscevichi otteneva degli splendidi risultati soprattutto a Pietrogrado.

Una settimana dopo la mancata manifestazione dell’11 (24) giugno, riporta la commissione che:

il Comitato Esecutivo del Soviet di Pietrogrado decise di fissare la dimostrazione per il 18 giugno (1° luglio). I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari speravano che la dimostrazione si sarebbe svolta ispirandosi a parole d’ordine antibolsceviche.

Energicamente, il partito bolscevico prese le sue misure. Il compagno Stalin scrisse in quei giorni sulla Pravda: «...il nostro compito è di fare in modo che la dimostrazione di Pietrogrado del 18 giugno si svolga sotto le nostre parole d’ordine rivoluzionarie».

La dimostrazione, come riporta la commissione incaricata dal comitato centrale del partito, fu un successo per i bolscevichi poiché

mostrò che le masse diventavano sempre più rivoluzionarie e riponevano una fiducia sempre maggiore nel partito bolscevico.

Le parole d’ordine dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari a favore della fiducia nel Governo provvisorio e della necessità di continuare la guerra furono sommerse dalla massa enorme delle parole d’ordine bolsceviche. Quattrocentomila dimostranti sfilarono dietro le bandiere su cui erano stato scritte le parole d’ordine: «Abbasso la guerra!», «Abbasso i dieci ministri capitalisti!», «Tutto il potere ai Soviet!».

Era un fiasco completo per i menscevichi e per i socialisti-rivoluzionari, un vero disastro per il Governo provvisorio nella capitale.

Il problema era che il governo provvisorio rimane forte dell’appoggio dei Soviet, in mano più che altro ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari. E ciò porta a una ulteriore offensiva al fronte su richiesta dei paesi imperialisti alleati. Come riporta la commissione:

in quella stessa giornata del 18 giugno, docilmente eseguendo la volontà degli imperialisti anglo-francesi, gettava i soldati del fronte all’attacco.

La borghesia vedeva in quell’offensiva l’unico mezzo per soffocare la rivoluzione sperando, nel caso di una vittoria, di afferrare tutto il potere nelle proprie mani, di isolare i Soviet e di schiacciare i bolscevichi, e, nel caso di una sconfitta, di poterne attribuire tutta la colpa ai bolscevichi, accusandoli di aver disgregato l’esercito. La notizia dell’offensiva e della sua [scontata] sconfitta esasperò tutta la capitale.

Ciò portò direttamente alle rivolte di operai e soldati, prima sporadicamente e successivamente convergenti, unite nella dimostrazione di Pietrogrado di luglio.

Scrive difatti la commissione che:

Le dimostrazioni, dapprima isolate le une dalle altre, si fusero tosto in una unica grandiosa manifestazione armata sotto la parola d’ordine del passaggio del potere ai Soviet. Il partito bolscevico era contro un’azione armata, in quel momento, perché considerava che la crisi rivoluzionaria non era ancora matura, che l’esercito e la provincia non erano ancora pronti ad appoggiare l’insurrezione nella capitale e che un’insurrezione isolata e prematura della capitale poteva solo agevolare la vittoria della controrivoluzione sull’avanguardia della rivoluzione. Ma, quando divenne evidente che non era possibile far desistere le masse dalla dimostrazione, il partito decise di parteciparvi per imprimerle un carattere pacifico e organizzato. E ci riuscì.

Sempre secondo il centralismo democratico, il Comitato Centrale discusse e votò la linea di una manifestazione che operai e soldati volevano armata, ma che fu ridiretta in modo pacifico e organizzato dai bolscevichi. Il contrario di ciò che afferma Trotsky e che Stalin rimarca nel suo testo. Dice difatti Stalin che

Trotsky ha completamente torto quando parla di dissensi "tragici" manifestatisi in seno al CC a proposito della dimostrazione armata di luglio. Egli inventa di sana pianta quando suppone che alcuni membri del gruppo dirigente del CC "dovevano aver visto nell'episodio di luglio un'avventura dannosa".

Trotsky, che allora non faceva ancor parte del nostro CC [non faceva parte neanche dei bolscevichi] e non era che un nostro parlamentare sovietico, poteva, certo, anche non sapere che il CC considerava la dimostrazione di luglio soltanto come un mezzo per tastare il polso al nemico, che il CC (e Lenin) non volevano e non pensavano affatto di trasformare la dimostrazione in insurrezione, in una fase in cui i Soviet della capitale erano ancora dalla parte dei difensisti.

Dopotutto, come pensare di poter avviare la rivoluzione quando i Soviet erano ancora nelle mani dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari? Trotsky non fu mai un grande teorico e ciò lo abbiamo dimostrato, per una evidente mancanza dei necessari strumenti del marxismo.

Continua la commissione:

Nonostante il carattere pacifico della manifestazione, contro i dimostranti furono scatenati dei distaccamenti reazionari di junker (allievi ufficiali) e di ufficiali. Le vie di Pietrogrado furono inondate dal sangue degli operai e dei soldati: per la repressione erano stati chiamati dal fronte i reparti militari più arretrati, più controrivoluzionari.

Soffocata la dimostrazione degli operai e dei soldati, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, in alleanza con la borghesia e con i generali guardie bianche, si scagliarono contro il partito bolscevico. I locali della redazione della Pravda furono devastati; la Pravda, la Soldatskaia Pravda [«La Verità del Soldato»] e numerosi altri giornali bolscevichi furono soppressi. Cominciò il disarmo delle guardie rosse. Le unità militari rivoluzionarie, che erano di stanza a Pietrogrado, furono fatte partire per il fronte. Arresti furono operati nelle retrovie e al fronte. Il 7 luglio, fu spiccato mandato di cattura contro Lenin.

Se, quindi, la seconda rivoluzione, quella di febbraio (marzo), o rivoluzione borghese, aveva avviato il cosiddetto “dualismo del potere”, i fatti susseguenti e l’ostinatezza del governo provvisorio nel continuare la guerra imperialistica portò alla rivolta di operai e soldati ormai stremati dal conflitto. I Soviet erano destinati a transitare nelle mani dei bolscevichi ma questo passaggio non era ancora avviato. Tutti questi elementi portarono alla definitiva contrapposizione tra menscevichi e socialisti-rivoluzionari, accasati alla corte della borghesia, e bolscevichi. E portarono i bolscevichi nella clandestinità e alla preparazione di quello che sarà la rivoluzione d‘Ottobre.

Riporta la commissione che

è in questo modo, che il Governo provvisorio di coalizione, di cui facevano parte rappresentanti notissimi dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari come Zereteli e Skobelev, Kerenski e Cernov, affondava nella cloaca dell’imperialismo e della controrivoluzione aperta.

Invece di una politica di pace, il governo conduceva una politica di guerra, invece di difendere i diritti democratici del popolo, conduceva una politica che mirava a sopprimerli e a domare con la forza delle armi gli operai e i soldati.

Ciò che non avevano osato fare i rappresentanti della borghesia - Gutsckov e Miliukov – osarono fare i «socialisti» Kerenski e Zereteli, Cernov e Skobelev.

Il dualismo del potere era cessato.

 

Ultima modifica ilGiovedì, 09 Maggio 2024 15:37
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