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Stalin: riformisti, opportunisti, anarchici e altri con idee confuse In evidenza
Iniziamo questa prima lezione del seminario “Dialogando con Stalin” su un altro testo “Anarchia o Socialismo?” di Stalin, dopo aver analizzato “Trotzkismo o Leninismo?”. Siamo tra la fine del 1906 e l’inizio del 1907. Teniamo a mente che Stalin è sulla trentina quando scrive questo testo e teniamo anche conto che siamo nei 3 anni della prima rivoluzione in Russia, che va dal 1905 al 1907.
Inizia Stalin dicendo che “la lotta di classe è il cardine della vita sociale moderna”. La lotta di classe è il fulcro intorno al quale si sviluppano le società divise in classi sociali antagoniste. Sin dalla società antica, le società divise in classi hanno sviluppato lotte intestine tra classi antagoniste con interessi appunto in contraddizione.
Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/0Cvhja5vGEU?si=srUw4o4jIwIC2LX1
Scrive Stalin che
nel corso di questa lotta ogni classe è diretta dalla sua ideologia.
Naturalmente, nella società capitalistica, scrive ancora Stalin,
la borghesia ha la sua ideologia: il cosiddetto liberalismo. Anche il proletariato ha la sua ideologia: essa, com'è noto, è il socialismo.
Stalin menziona che il socialismo ha diverse tendenze, ma ciò è da intendersi in un modo particolare. Ovvero, l’autodefinirsi socialista, che non significa affatto essere socialisti. Abbiamo tanti esempi oggi, non solo tra chi si definisce socialista ma anche comunista. Ciò è importante chiarirlo poiché quando Stalin scrive che il socialismo si divide in tre tendenze principali, ovvero riformismo, anarchia e marxismo, ciò è da intendersi che i riformisti, gli anarchici e i marxisti si definiscono socialisti ma ciò non vuol dire che i primi due (i riformisti e gli anarchici) lo siano.
Scrive Stalin che
il riformismo (Bernstein e altri), che considera il socialismo solo come un fine remoto e nulla più; il riformismo, che nega di fatto la rivoluzione socialista e tenta di instaurare il socialismo per via pacifica; il riformismo, che non predica la lotta delle classi, ma la loro collaborazione: questo riformismo di giorno in giorno si decompone, di giorno in giorno perde ogni carattere di socialismo e, secondo noi, esaminarlo qui in questi articoli, in cui si definisce il socialismo, non presenta nessuna utilità.
Ciò implica qualcosa che è a noi noto, ovvero che il riformismo non è affatto socialismo e non guida affatto la classe operaia e le categorie sociali oppresse al socialismo in quanto prima fase della società comunista. Il riformismo basa la sua azione strategica nella conservazione del capitalismo e dell’oppressione dei lavoratori da parte della classe dominante dei capitalisti; il riformismo usa il parlamentarismo e la conciliazione con la classe dominante per sottomettere la classe operaia e lavoratrice salariata in generale all’oppressione del capitale. Il riformista è colui che cerca di ingannare i lavoratori poiché mentre essi conoscono la retorica e il modus operandi dei padroni dei mezzi di produzione, fanno fatica a riconoscere nei riformisti quei traditori che a tutti gli effetti sono.
Ma che tipo di classe sociale segue le idee, le parole d’ordine, i punti di programma dei riformisti i quali, in quanto revisionisti del marxismo e opportunisti, negano di fatto la rivoluzione socialista, e dicono di perseguire (sapendo di mentire) la società socialista attraverso le riforme e gli strumenti borghesi e di conseguenza avversano la dittatura del proletariato? Non certo la classe sociale degli operai e dei lavoratori salariati più poveri.
Non volere la rivoluzione socialista significa non voler distruggere la macchina statale borghese; non voler distruggere la macchina burocratica e militare dello Stato borghese. E ciò implica che si vuole rimanere impigliati all’interno degli stessi rapporti sociali di produzione e all’interno degli stessi rapporti di proprietà in cui la classe operaia è quotidianamente oppressa dalla classe dominante. La classe sociale borghese, dei capitalisti.
Perché mai, quindi, la classe operaia dovrebbe seguire i riformisti? Per continuare a essere oppressa dal capitale con la vaga e menzognera promessa del sol dell’avvenire? Per niente. Non è e non sarà la classe operaia a seguire i riformisti i quali non hanno alcuna intenzione di arrivare al socialismo e quindi non possono essere definiti socialisti. Sono, difatti, riformisti.
Altre categorie sociali seguono i riformisti, ad iniziare dalla piccola borghesia. Non di certo la classe operaia.
La sconfitta del riformismo, di conseguenza, passa esclusivamente dal rafforzamento del messaggio marxista-leninista e dal rafforzamento delle organizzazioni che in questa scienza si riconoscono.
Questo sul riformismo e non andiamo oltre qui. Dopotutto, stiamo trattando di questo aspetto nell’altro seminario “Incontro con Lenin” sul “rinnegato Kautsky”.
Sull’anarchismo, invece, Stalin scrive che
noi riteniamo che gli anarchici sono veri e propri nemici del marxismo. Marxismo e anarchismo sono fondati su principi completamente diversi.
Continua Stalin che,
alcuni ritengono che il marxismo e l'anarchismo abbiano gli stessi principi, che fra loro esistano soltanto dissensi tattici, cosicché, secondo costoro, è assolutamente impossibile contrapporre l'una all'altra queste due tendenze. Ma questo è un grave errore.
Dopotutto,
pietra angolare dell'anarchismo è l'individuo, la cui liberazione sarebbe la condizione principale della liberazione della massa, della collettività. Secondo l'anarchismo, è impossibile la liberazione della massa finché non sarà liberato l'individuo; per cui la sua parola d'ordine è: «tutto per l'individuo». Pietra angolare del marxismo è invece la massa, la cui liberazione sarebbe la condizione principale della liberazione dell'individuo. Cioè, secondo il marxismo, la liberazione dell'individuo è impossibile finché non sarà liberata la massa; per cui la sua parola d'ordine è: «tutto per la massa».
Il testo di Stalin e le contrapposizioni tra il marxismo e l’anarchismo, vedremo, è organizzato nel seguente modo: esposizione della dialettica, esposizione del materialismo ed esposizione del socialismo.
Per esporre correttamente ciò che Stalin riporta in questo testo, iniziamo dalla dialettica e dal materialismo, presi separatamente. Abbiamo visto in passato in varie lezioni che il metodo dialettico di Marx ed Engels si basa su quattro punti fondamentali:
- La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni collegati tra loro, dipendenti gli uni con gli altri, interconnessi, interdipendenti;
- La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni in movimento, in perpetuo movimento, cambiamento e rinnovamento, in un perpetuo nascere e perire;
- La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni in movimento ma non casuale e/o lineare, ma come sviluppo che passa da cambiamenti quantitativi insignificanti, minuscoli, latenti, a cambiamenti qualitativi aperti, radicali, esplosivi;
- La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni in movimento e tale movimento è da intendersi come sviluppo cha passa da cambiamenti quantitativi a cambiamenti qualitativi, e il cuore, l’intimo contenuto di questo processo di sviluppo è nell’investigazione e nella interpretazione e risoluzione delle contraddizioni interne agli oggetti e ai fenomeni della natura.
In modo simile, il materialismo si basa su tre punti fondamentali:
- Il materialismo parte dal principio che il mondo è, per sua natura, materiale;
- Il materialismo parte dal principio che la materia, la natura, l’essere rappresentano una realtà oggettiva, esistente al di fuori e indipendentemente dalla coscienza;
- Il materialismo parte dal principio che il mondo e le sue leggi sono perfettamente conoscibili.
Il materialismo dialettico è la concezione del mondo, della natura. Considera gli oggetti e i fenomeni della natura, del mondo. Mentre il modo per investigare, per conoscere, per scoprire gli oggetti e i fenomeni della natura è dialettico, il modo per l’interpretazione degli oggetti e dei fenomeni della natura è materialistico.
La dialettica si contrappone e supera la metafisica; il materialismo si contrappone e supera l’idealismo. In altre parole, dato che il metodo dialettico implica che gli oggetti e i fenomeni della natura sono collegati e interconnessi tra loro, sono in costante movimento in un perpetuo nascere e perire, con uno sviluppo che passa da cambiamenti quantitativi e cambiamenti qualitativi, e le cui contraddizioni interne vengono risolte, il materialismo indica il come avviene tutto ciò, in quale forma si compie questo processo di sviluppo.
Per chiudere il cerchio, il materialismo storico estende questo metodo di investigare e di interpretare ai fenomeni e agli oggetti della vita sociale. Il materialismo storico estende questo metodo di investigare e di interpretare allo studio della storia della società.
Hegel è stato colui che creato il metodo dialettico ma all’interno di un sistema idealistico. Scrive Engels nella prefazione al suo fondamentale libro Antiduhring che
Marx e io siamo stati presso a poco i soli a salvare dalla filosofia tedesca la dialettica consapevole e a trasferirla nella concezione materialistica della natura e della storia.
…nella natura sono operanti, nell’intrico degli innumerevoli cambiamenti, quelle stesse leggi dialettiche del movimento che anche nella storia dominano l’apparente accidentalità degli avvenimenti.
…leggi che per la prima volta furono sviluppate da Hegel in maniera comprensiva, ma in forma mistificata, e che è stato uno dei nostri intenti liberare da questa forma mistica e rendere chiaramente comprensibili in tutta la loro semplicità e universale validità.
Di conseguenza, la dialettica andava sostituendo la metafisica in cui gli oggetti e i fenomeni della natura sono fissi, fermi, immobili, immutabili; e il materialismo andava sostituendo l’idealismo in cui l’Idea, il pensiero è il demiurgo del reale. Si trattava di ripulire il giusto metodo dialettico di Hegel dalla sua forma mistificata, idealistica. Tralasciando Feuerbach, e andando direttamente a Marx ed Engels, scrive Marx che
il mio metodo dialettico, non solo è differente da quello hegeliano, ma ne è anche direttamente l’opposto. Per Hegel il processo del pensiero, che egli, con il nome di Idea, trasforma addirittura in soggetto indipendente, è il demiurgo del reale, mentre il reale non è che il fenomeno esterno del processo del pensiero. Per me, viceversa, l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli uomini. La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non toglie in nessun modo che egli sia stato il primo a esporre ampiamente e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui essa è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico.
Continua Marx:
Nella sua forma mistificata, la dialettica divenne una moda tedesca, perché sembrava trasfigurare lo stato di cose esistente. Nella sua forma razionale, la dialettica è scandalo e orrore per la borghesia e per i suoi dottrinari, perché nella comprensione positiva dello stato di cose esistente include simultaneamente anche la comprensione della negazione di esso, la comprensione del suo necessario tramonto, … essa è critica e rivoluzionaria per essenza.
Cosa significa tutto ciò? Significa che il metodo dialettico nella sua forma mistificata pone il pensiero, l’Idea come il demiurgo del reale; il metodo dialettico nella sua forma razionale pone la condizione materiale come il demiurgo del reale. Inoltre, come riporta Engels nel suo “Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca”,
si dichiara verità assoluta tutto il contenuto dogmatico del sistema hegeliano, in contraddizione con il suo metodo dialettico, che dissolve ogni elemento dogmatico; in tal modo il lato rivoluzionario viene soffocato da una ipertrofia del lato conservatore. E ciò che vale per la conoscenza filosofica, vale anche per la prassi storica.
Da una parte, quindi, abbiamo il sistema di Hegel fondato sull’Idea, sul processo del pensiero che modella il reale; dall’altra parte abbiamo il metodo dialettico di Hegel. Scrive Engels che
coloro che davano importanza soprattutto al sistema di Hegel, potevano essere, tanto in religione che in politica, conservatori; coloro per cui l’essenziale era il metodo dialettico, potevano appartenere, tanto in religione che in politica, all’opposizione estrema.
Per questo motivo, Stalin scrive che
il sistema filosofico di Hegel, fondato sull’idea immutabile, è metafisico da cima a fondo. Ma è anche chiaro che il metodo dialettico di Hegel, negando che esistano idee immutabili, è da cima a fondo scientifico e rivoluzionario.
Continua Engels nelle considerazioni generali, parte dell’Antiduhring:
Il sistema di Hegel fu come tale un colossale aborto, ma fu anche l'ultimo nel suo genere. Il fatto è che esso era affetto da un'altra contraddizione interna insanabile: da una parte aveva come suo presupposto iniziale la visione storica delle cose, secondo la quale la storia umana è un processo di sviluppo che, per sua natura, non può trovare la sua conclusione intellettuale nella scoperta di una verità cosiddetta assoluta, mentre dall'altra afferma di essere la quintessenza proprio di questa verità assoluta.
Per Marx ed Engels si trattava, quindi, di salvare la dialettica dal sistema hegeliano, dalla filosofia idealistica tedesca e trasferirla nella concezione materialistica della natura e della storia, e arrivare così alla concezione dialettica e allo stesso tempo materialistica della natura e della storia.
Scrive Engels nell’Antiduhring che
per il metafisico le cose e le loro immagini riflesse nel pensiero, i concetti, sono oggetti isolati di indagine, da considerarsi successivamente e indipendentemente l'uno dall'altro, fissi, rigidi, dati una volta per sempre. Egli pensa per antitesi assolutamente immediate. Il suo parlare è: sì, sì, no, no. Per lui una cosa esiste o non esiste; ugualmente è impossibile che una cosa sia nello stesso tempo se stessa ed un'altra. Positivo e negativo si escludono reciprocamente in modo assoluto; causa ed effetto stanno dal pari in rigida opposizione reciproca.
Ma la natura non procede metafisicamente. I fenomeni della natura non sono bianco e nero. Per esempio, la transizione di fase in termodinamica non è un passaggio in cui l’acqua è chiaramente isolata e distinguibile dal ghiaccio. In questa fase si è acqua e si è ghiaccio. Giustamente Engels rimarca come
per una concezione dialettica e ad un tempo materialistica della natura, è necessario conoscere la matematica e le scienze naturali.
Possiamo legare questo esempio al punto 3) della dialettica, ovvero che lo sviluppo, il movimento passa da cambiamenti quantitativi insignificanti, minuscoli, latenti, a cambiamenti qualitativi aperti, radicali, esplosivi. Ciò vale anche per la storia delle società. I cambiamenti quantitativo insignificanti, minuscoli, latenti costituiscono la forma del movimento che potremmo indicare come “evoluzione”. Riprendendo il nostro esempio su sistema termodinamico, potremmo indicare questo movimento come il graduale abbassamento della temperatura dell’acqua fermo restando le altre variabile (i.e. volume, pressione, ecc.). I cambiamenti, invece, qualitativi aperti, radicali, esplosivi costituiscono la forma del movimento che potremmo indicare come “rivoluzione”. Riprendendo il nostro esempio sul sistema termodinamico, potremmo indicare questo movimento come quella fase in cui, continuando ad abbassare la temperatura, si raggiunge il punto in cui la transizione di fase occorre e l’acqua in modo repentino si trasforma in ghiaccio. Se avete mai visto questo tipo di transizione di fase dell’acqua in ghiaccio, avrete notato come questo passaggio di stato è molto violento e rapido, e prima di divenire ghiaccio in effetti acqua e ghiaccio coesistono.
In altre parole, riprendendo questa spiegazione dall’Istituto dei Sistemi Complessi, Consiglio nazionale delle ricerche,
raffreddando l’acqua (liquida) a pressione atmosferica (ovvero sottraendo progressivamente calore al sistema), possiamo inizialmente osservare la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio, non appena raggiunta la temperatura di 0 °C. Continuando a sottrarre calore al sistema, aumenta la quantità di ghiaccio (i cristalli di ghiaccio iniziano a crescere di dimensione) e si riduce quella d’acqua. La miscela acqua-ghiaccio così ottenuta è in una fase di coesistenza.
Sino a quando si cambia fase o stato, e si ha tutto ghiaccio. La storia delle società procede secondo lo stesso movimento.
Scrive Stalin che
l’evoluzione prepara la rivoluzione e crea ad essa il terreno, e la rivoluzione è il coronamento dell’evoluzione e contribuisce al suo lavoro ulteriore. Gli stessi processi hanno luogo anche nella vita della natura.
Il metodo dialettico dice che bisogna considerare la vita proprio come essa è in realtà…la vita è in continuo movimento; di conseguenza, dobbiamo esaminare la vita nel suo movimento e domandarci: dove va la vita? … non si può considerare la vita come qualcosa d’immutabile e di cristallizzato; essa non si ferma mai allo stesso livello, ma è in eterno movimento, in un eterno processo di distruzione e creazione. Nella vita quindi esiste sempre il nuovo e il vecchio, ciò che cresce e ciò che muore.
Questo vale anche per la storia delle società. Se ricordate la lezione introduttiva sul “Manifesto del partito comunista” di Marx ed Engels, nella prefazione all’edizione italiana del 1893, Engels scrive che l’Italia è stato il primo paese capitalistico (testualmente “La prima nazione capitalista è stata l'Italia”) … ed Engels si riferiva temporalmente al basso medioevo. Ciò è da intendersi naturalmente in modo dialettico, ovvero che le prime cellule di ciò che sarà la borghesia compiuta cominciarono a formarsi sin dal basso medioevo in Italia con le città stato. Ciò implica che il nuovo, seppur nella sua fase primordiale, era già dentro e parte di ciò che era destinato a perire; in altre parole il capitalismo con le sue prime cellule nasceva e già si sviluppava all’interno del feudalesimo che era destinato a perire secoli dopo.
Difatti, un mondo fatto di pregiudizi, antiche concezioni, ingiustizie, superstizioni, privilegi, tutto parte della società feudale in cui la lotta di classe era reale e avveniva tra la nobiltà feudale e la servitù della gleba, fu sottoposto alla “critica più spietata”, come dice Engels con il periodo illuministico in cui “l’intelletto pensante fu applicato a tutto come unica unità di misura”. L’illuminismo sostituisce le vecchie concezioni parallelamente all’evolversi della definitiva vittoria della borghesia rivoluzionaria contro reazionaria nobiltà feudale.
Scrive Engels, difatti, che
era il tempo in cui, come dice Hegel, il mondo venne poggiato sulla testa, dapprima nel senso che la testa dell'uomo e i princìpi trovati dal suo pensiero pretendevano di valere come base di ogni azione e d'ogni associazione umana; ma più tardi anche nel senso più ampio che la realtà che era in contraddizione con questi princìpi fu effettivamente rovesciata da cima a fondo. Tutte le forme sociali e politiche che sino allora erano esistite, tutte le antiche concezioni che si erano tramandate furono gettate in soffitta come cose irrazionali; il mondo si era fino a quel momento lasciato guidare unicamente da pregiudizi; il passato meritava solo compassione e disprezzo. Ora per la prima volta spuntava la luce del giorno; da ora in poi la superstizione, l'ingiustizia, il privilegio e l'oppressione dovevano essere soppiantati dalla verità eterna, dalla giustizia eterna, dall'eguaglianza fondata sulla natura, dai diritti inalienabili dell'uomo.
Ma continua Engels,
Noi sappiamo ora che questo regno della ragione non fu altro che il regno della borghesia idealizzato, che la giustizia eterna trovò la sua realizzazione nella giustizia borghese; che l'eguaglianza andò a finire nella borghese eguaglianza davanti alla legge; che la proprietà borghese fu proclamata proprio come uno dei più essenziali diritti dell'uomo; e che lo Stato secondo ragione, il contratto sociale di Rousseau, si realizzò, e solo così poteva realizzarsi, come repubblica democratica borghese.
Aspetto altrettanto importante in questa fase legata alla rivoluzione industriale e alla transizione definitiva dagli ultimi respiri del feudalesimo agli albori del capitalismo in quanto società, era non solo la lotta di classe nelle sue ultime fasi tra la borghesia e la nobiltà feudale ma soprattutto “l’antagonismo generale tra sfruttatori e sfruttati, tra ricchi oziosi e lavoratori poveri”. E, come riporta Engels,
e precisamente questa circostanza rendeva possibile ai rappresentanti della borghesia di ergersi a rappresentanti non soltanto di una classe particolare, ma di tutta l'umanità sofferente. E c'è di più, sin dalla sua origine la borghesia era affetta dall'antagonismo che le è proprio: non possono esserci capitalisti senza operai salariati, e nella stessa misura in cui il maestro della corporazione medievale evolveva nel borghese moderno, il garzone della corporazione e il giornaliero che non apparteneva a nessuna corporazione evolvevano nel proletario. E sebbene nel complesso la borghesia avesse il diritto di pretendere di rappresentare contemporaneamente, nella lotta contro la nobiltà, gli interessi delle diverse classi lavoratrici di quell'epoca, pure, in ogni grande movimento borghese, scoppiavano dei moti autonomi di quella classe che era la precorritrice più o meno sviluppata del proletariato moderno.
In altre parole, nel capitalismo in quanto società che si andava instaurando mettendo radici sempre più in profondità, nascevano le prime cellule della classe che l’avrebbe eventualmente sconfitta. Il proletariato, appunto, anche se in quel frangete storico, essa era ancora notevolmente immatura come classe sociale. Di nuovo, come vediamo, il metodo dialettico provato dallo studio della storia delle società.
D'altronde, come scrivono Marx ed Engels nel “Manifesto del partito comunista”,
condizione essenziale dell'esistenza e del dominio della classe borghese è l'accumulazione della ricchezza nelle mani di privati, la formazione e l’accrescimento del capitale; condizione del capitale è il lavoro salariato. Il lavoro salariato si fonda esclusivamente sulla concorrenza degli operai tra di loro. Il progresso dell'industria, del quale la borghesia è veicolo involontario e passivo, sostituisce all'isolamento degli operai risultante dalla concorrenza, la loro unione rivoluzionaria mediante l'associazione. Lo sviluppo della grande industria toglie quindi da sotto i piedi della borghesia il terreno stesso sul quale essa produce i prodotti e se ne appropria. Essa produce anzitutto i propri becchini. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono egualmente inevitabili.
Il passaggio da una società ad un'altra, quindi, non è immediato, disconnesso, dove termina la società vecchia e sorge immediatamente quella nuova, come esplicita la metafisica. No. Così come i primi germi della borghesia sono emersi ben dentro il feudalesimo, come detto precedentemente, le prime cellule del socialismo sono emersi dentro il capitalismo, al consolidarsi del capitalismo. Con la maturazione del capitalismo e del suo modo di produzione, si sono evoluti la classe operaia e le teorie socialiste, sino all’universale consolidamento del cosiddetto socialismo scientifico.
Ma prima del lavoro di Marx e di Engels, diverse manifestazioni teoriche sono state prodotte, quando, come detto, la classe operaia era ancora nella sua fase immatura. Il socialismo precedente, scrive Engels, includendo in esso tutte le diverse sfaccettature pre-marxiane,
criticava, è vero, il vigente modo di produzione capitalistico e le sue conseguenze, ma non poteva darne una spiegazione né quindi venirne a capo: non poteva che respingerlo semplicemente come un male. Si trattava invece di presentare da una parte questo modo di produzione capitalistico nel suo nesso storico e nella sua necessità nell'ambito di un determinato periodo storico, e quindi anche la necessità del suo tramonto, dall'altra, invece, di svelarne anche il carattere interiore, che ancora era rimasto celato, perché sinora la critica si era appuntata più sulle cattive conseguenze che sul processo della cosa stessa. Questo si ebbe con la scoperta del plusvalore. Fu dimostrato che l'appropriazione di lavoro non pagato è la forma fondamentale del modo di produzione capitalistico e dello sfruttamento dell'operaio che con esso viene compiuto.
Di conseguenza, sempre da Engels,
la concezione materialistica della storia e la rivelazione del segreto della produzione capitalistica mediante il plusvalore, le dobbiamo a Marx. Con queste due grandi scoperte il socialismo è diventato una scienza.
Un esempio che rende bene l’idea della dialettica, del movimento al contrario della stagnazione e dell’immobilismo della metafisica ci viene dato proprio da Stalin nel testo che stiamo analizzando “Anarchia o socialismo?”.
È una presa di posizione chiara nei confronti dei populisti che all’epoca tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo erano possiamo dire una forza importante contro cui si scagliarono prima Plechanov e poi successivamente Lenin il quale fini il lavoro. I populisti erano legati alle campagne, avevano seguito proprio nelle campagne russe. Comunque, scrive Stalin che
nel penultimo decennio del secolo scorso, fra gli intellettuali rivoluzionari russi è scoppiata una grande disputa. I populisti sostenevano che la forza principale che può incaricarsi della «liberazione della Russia» è la piccola borghesia rurale e urbana. Perché? - chiedevano loro i marxisti. - Perché - dicevano i populisti - la piccola borghesia rurale e urbana costituisce oggi la maggioranza, e inoltre è povera e vive nella miseria.
I marxisti rispondevano: è vero che la piccola borghesia rurale e urbana costituisce oggi la maggioranza ed è effettivamente povera, ma è forse questo il problema? Già da molto tempo la piccola borghesia (i contadini soprattutto) costituisce la maggioranza, ma finora, senza l'aiuto del proletariato, essa non ha dimostrato nessuna iniziativa nella lotta per la «libertà». E perché? Proprio perché la piccola borghesia come classe non si sviluppa; essa, viceversa, si disgrega giorno per giorno e si scompone in borghesi e proletari.
S'intende d'altra parte che anche la povertà non ha qui un'importanza decisiva: gli «straccioni» (per esempio il sottoproletariato) sono più poveri della piccola borghesia, ma nessuno dirà che essi possono incaricarsi della «liberazione della Russia».
La questione [conclude Stalin] non consiste nel sapere quale classe costituisce oggi la maggioranza o quale classe è più povera, ma nel sapere quale classe si rafforza e quale si disgrega.
È evidente come nel capitalismo in evoluzione nelle sue diverse fasi, sia la classe operaia, il cosiddetto proletariato, a essere la classe rivoluzionaria, in movimento, nel momento in cui la borghesia si trasforma in classe reazionaria. Ricordiamoci quanto detto precedentemente. L'appropriazione di lavoro non pagato è la forma fondamentale del modo di produzione capitalistico e dello sfruttamento dell'operaio e come ribadisce il giovane Marx nei “Manoscritti economici-filosofici del ’44” (qualcosa che ha una valenza chiarissima e lucidissima, e chiarisce tanti aspetti altrimenti nebulosi):
l'emancipazione della società dalla proprietà privata, ecc., dalla schiavitù si esprime nella forma politica dell'emancipazione degli operai, non già come se si trattasse soltanto di questa emancipazione, ma perché in questa emancipazione è contenuta l'emancipazione universale dell'uomo; la quale è ivi contenuta perché nel rapporto dell'operaio con la produzione è incluso tutto intero l'asservimento dell'uomo, e tutti i rapporti di servaggio altro non sono che modificazioni e conseguenze del primo rapporto.
Ne consegue che la classe operaia è la classe di riferimento di qualsiasi marxista-leninista, comunista, e l’avanguardia di tale classe costituisce il partito marxista-leninista. Che noi, come Scuola Rossa, faremo di tutto affinché nasca in questo paese.