- Scritto da Manuel Santoro
- Pubblicato in Teoria
- Letto 241 volte
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
Lenin traccia la via con le Tesi e si differenzia da Trotsky sul ruolo dei contadini
di Manuel Santoro
Dopo aver discusso della verità sull’insurrezione d’Ottobre, capitolo 1 del testo di Stalin che stiamo analizzando Trotzkismo o Leninismo? passiamo a discorrere del capitolo 2 e in particolare della sezione dal titolo “Periodo del nuovo orientamento del partito (marzo-aprile 1917)”.
Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/POE8yg3MT3E?si=NyWNDf6Oel2pLcsK
Stalin continua a confutare le dichiarazioni di Trotsky, amplificate dai trotskisti quali un certo Sukhanov, il quale mentendo spudoratamente faceva girare voce che il partito “da marzo a ottobre” era diviso, dilaniato “in contrasti interni” e che il partito ostacolava “in tutti i modi Lenin, e che, se non fosse stato per Trotsky, non si sa dove la Rivoluzione d’Ottobre sarebbe andata a finire”. Inoltre, vi è l’affermazione da parte di Trotsky che Stalin riporta di come
lo strumento essenziale della rivoluzione proletaria è il partito", e che "senza il partito, evitando il partito, ignorando il partito, attraverso un surrogato del partito, la rivoluzione proletaria non può vincere.
Certo ma già Lenin affermava ciò agli inizi del 1900 con il suo testo “Che fare?”.
Scrive Lenin:
Affermo 1) che non potrà esservi un movimento rivoluzionario solido senza un’organizzazione stabile di dirigenti che ne assicuri la continuità di lavoro; 2) che quanto più numerosa è la massa entrata spontaneamente nella lotta, …tanto più imperiosa è la necessità di siffatta organizzazione e tanto più questa organizzazione deve essere solida... 3) che tale organizzazione deve essere composta principalmente di uomini, che abbiano come professione l’attività rivoluzionaria; 4) che in un paese autocratico, quanto più noi ridurremo gli effettivi di una tale organizzazione, fino ad accettarvi solamente i rivoluzionari di professione, educati dalla loro attività rivoluzionaria alla lotta contro la polizia politica, tanto più sarà difficile «pescare» siffatta organizzazione, e 5) tanto più numerosi saranno gli operai e gli elementi delle altre classi che potranno partecipare al movimento e militarvi attivamente.
Ma quali sono le direttrici organizzative di Lenin che poi divennero, e che sono, i pilastri di qualsiasi vero partito comunista? Riprendiamo ciò che Lenin espone decenni prima dell’intervento di Trotsky appena accennato, e che Stalin riprenderà innumerevoli volte. Sull’importanza dell’organizzazione e del partito.
Scrive Lenin:
il proletariato nella sua lotta per il potere ha soltanto un’arma: l’organizzazione.
Quindi il partito. Ma cosa è il partito secondo Lenin, come viene esposto nel suo testo “Un passo avanti e due indietro”, uscito nel maggio del 1904.
Come riporta Stalin:
1) Prima di tutto, il partito marxista è parte integrante della classe operaia, un suo reparto. Ma la classe operaia ha numerosi reparti; ne deriva che non tutti i reparti della classe operaia possono essere chiamati partito della classe operaia. Il partito si distingue dagli altri reparti della classe operaia, prima di tutto, perché non è un semplice reparto ma il reparto d’avanguardia, il reparto cosciente, il reparto marxista, della classe operaia, armato della conoscenza della vita sociale, armato della conoscenza delle leggi dello sviluppo della vita sociale, armato della conoscenza delle leggi della lotta di classe e capace, perciò, di guidare la classe operaia, di dirigerne la lotta. Non si devono quindi confondere il partito e la classe operaia, come non si deve confondere la parte con il tutto; non si deve pretendere che ogni scioperante possa autoproclamarsi membro del partito, poiché chi confonde il partito con la classe abbassa il livello della coscienza del partito al livello di «ogni scioperante», distrugge il partito come avanguardia cosciente della classe operaia. Il compito del partito consiste non nell’abbassare il suo livello fino al livello di «ogni scioperante», ma nell’elevare le masse operaie, nell’elevare «ogni scioperante» al livello del partito.
Scrive Lenin su questo punto:
Noi siamo il partito della classe e, perciò, quasi tutta la classe (e in tempo di guerra, nell’epoca della guerra civile, la classe tutt’intera) deve agire sotto la direzione del nostro partito, deve stringersi il più solidamente che è possibile attorno al nostro partito. Ma sarebbe del «manilovismo» [indifferenza, inerzia, vuoto fantasticare. Manilov è uno dei personaggi delle «anime morte», di Gogol] e del «codismo» pensare che, in regime capitalistico, quasi tutta o tutta la classe possa mai elevarsi alla coscienza e all’attività della propria avanguardia, del proprio partito socialdemocratico. Nessun socialdemocratico ragionevole ha mai posto in dubbio che, in regime capitalistico, neanche l’organizzazione sindacale (più primitiva, più accessibile alla coscienza degli strati arretrati) non è in grado di abbracciare quasi tutta o tutta la classe operaia.
Dimenticare la differenza che passa tra l’avanguardia e le masse che gravitano verso di essa, dimenticare il costante dovere dell’avanguardia di elevare degli strati sempre più larghi fino a questo livello dell’avanguardia, vorrebbe dire ingannar se stessi, chiudere gli occhi di fronte alla grandiosità dei nostri compiti, restringere questi compiti.
Passiamo al secondo punto, riprendendo Stalin.
2) Il partito non è soltanto il reparto cosciente, di avanguardia, della classe operaia, ma parallelamente, è il reparto organizzato della classe operaia, con una propria disciplina obbligatoria per i suoi membri. Se il partito non fosse un reparto organizzato della classe, né un sistema d’organizzazione, ma una semplice somma di individui che si dichiarano essi stessi membri del partito pagando una semplice quota annuale come avviene in tutti i partiti borghesi e falso socialisti-comunisti, senza prima passare per esempio dalla Scuola Rossa che pone non solo le basi teoriche ma anche le basi politiche e organizzative del partito, il partito non avrebbe mai un’unica volontà, non potrebbe mai realizzare l’unità d’azione dei suoi militanti; di conseguenza, gli sarebbe impossibile in futuro dirigere la lotta della classe operaia. Il partito può dirigere praticamente la lotta della classe operaia e rivolgerla verso un unico scopo, solo se tutti i suoi militanti sono organizzati in un solo reparto comune, saldato dall’unità di volontà, dall’unità d’azione, dall’unità di disciplina, dall’unità ideologica.
Il partito, pertanto, assume da subito un ruolo di stabilizzatore, di guida, per la classe operaia e di modellamento di una futura classe dirigente, ideologicamente educata e politicamente organizzata che prenda il meglio dalla classe sociale operaia; ne prenda gli elementi più preparati, più coscienti, più adatti alla lotta di classe. Il partito si deve preparare per guidare l’intera classe, e i suoi alleati, al successo nella rivoluzione socialista.
La critica di Lenin, ripresa in modo sublime da Stalin, è feroce nei confronti dei falso-socialisti, degli opportunisti allergici alla disciplina di partito, e in una frase sola è concentrata tutta l’azione coerente da parte del partito marxista-leninista: “il partito non sa che farsene di membri cui pesi la sua disciplina.”
L’operaio di fatto non è affatto allergico alla disciplina essendo quotidianamente sfruttato dalla disciplina dei processi di produzione capitalistici. Chi è allergico alla disciplina di partito sono gli intellettuali borghesi, o peggio, i falsi intellettuali socialisti, “gli intellettuali di spirito individualistico, i quali effettivamente rimarranno fuori del partito.” È compito del partito assicurarsi che tali individui, egocentrici e narcisisti, siano messi alla porta con tempismo. Al contrario degli intellettuali dallo spirito individualistico, gli operai costituiscono la classe all’interno della quale i loro membri si aiutano a vicenda; la classe operaia è impregnata di autoeducazione, solidarietà, disciplina, costanza, duro lavoro. L’operaio non decide quando lavorare ma è forzato a farlo, senza scuse, in orari precisi e, quando in difficoltà, vi sono sempre compagni operai pronti ad aiutarlo. La solidarietà, l’aiuto reciproco, sono le caratteristiche principali della classe operaia. Ed è proprio grazie a questi tratti caratteristici della classe, che la categoria sociale delle operaie e degli operai è già, sovrastrutturalmente ma inconsciamente, avanti, nel socialismo. Non altre.
Scrive Lenin che l’idea dei falsi socialisti, degli opportunisti “in realtà servirà gli interessi degli intellettuali borghesi, cui la disciplina proletaria e l’organizzazione incutono paura. Nessuno oserà negare che ciò che in generale caratterizza gli intellettuali, come strato particolare della società capitalistica attuale, è appunto l’individualismo e l’incapacità alla disciplina e all’organizzazione.” E ancora, “il proletariato non teme né l’organizzazione né la disciplina…il proletariato non si preoccuperà perché i signori professori e gli studenti liceali che non vogliono entrare in un’organizzazione siano riconosciuti membri del partito per il lavoro compiuto sotto il controllo di un’organizzazione…Non è il proletariato, ma sono certi intellettuali del nostro partito che mancano di autoeducazione per ciò che concerne l’organizzazione e la disciplina.”
Terzo punto.
3) Tra tutte le altre organizzazioni della classe operaia, il partito non è semplicemente un reparto organizzato, ma è la forma suprema d’organizzazione, destinata a dirigere tutte le altre organizzazioni della classe operaia. Il partito, come forma suprema d’organizzazione, composta dai migliori elementi della classe, armata d’una teoria d’avanguardia, della conoscenza delle leggi della lotta di classe e dell’esperienza del movimento rivoluzionario, ha tutte le possibilità di dirigere - e ha il dovere di dirigere - tutte le altre organizzazioni della classe operaia.
Quarto punto.
4) Il partito incarna il legame dell’avanguardia della classe operaia con le masse innumerevoli della classe operaia. Anche essendo il miglior reparto d’avanguardia e quello più perfettamente organizzato, il partito non potrebbe tuttavia né vivere né svilupparsi, senza essere legato alle masse dei senza partito, senza moltiplicare questi legami, senza consolidarli. Un partito, rinchiuso in se stesso, isolato dalle masse, e che perdesse o semplicemente indebolisse i legami con la classe, perderebbe la fiducia e l’appoggio delle masse e dovrebbe, quindi, inevitabilmente perire. Per vivere una vita piena e svilupparsi, il partito deve moltiplicare i suoi legami con le masse, conquistarsi la fiducia delle innumerevoli masse della propria classe.
Quinto punto.
5) Il partito, per poter funzionare bene e dirigere le masse secondo un piano, deve essere organizzato conformemente ai principi del centralismo democratico, avere uno statuto unico, un’unica disciplina, un unico organismo dirigente; occorre che la minoranza si sottometta alla maggioranza, le varie organizzazioni al centro, le organizzazioni inferiori a quelle superiori. Senza queste condizioni, il partito della classe operaia non può essere un vero partito, non può adempiere il suo compito di dirigere la classe.
Sesto punto.
6) Il partito, nella sua attività pratica, se vuole conservare l’unità delle sue file, deve applicare una disciplina proletaria unica, egualmente obbligatoria per tutti i membri del partito, tanto per i capi, quanto per i semplici membri. Perciò, nel partito non deve esservi alcuna di visione in membri dell’élite, per i quali la disciplina non sia obbligatoria, e in non membri dell’élite, che debbano sottomettersi alla disciplina. Senza questa condizione non è possibile salvaguardare l’integrità del partito e l’unità delle sue file.
Mantenere l’organizzazione del partito coesa e la disciplina dei suoi membri quotidiana, significa che il partito marxista-leninista deve applicare il centralismo democratico, da una parte, e applicare regole uniche, obbligatorie per tutti i membri del partito. Per essere una vera guida efficiente e organizzata della classe operaia, il partito non può avere differenziazioni interne basate su favoritismi, spudorati atteggiamenti aristocratici, ma ugualmente implementare le regole della disciplina di partito a tutti i suoi membri; il partito non può assumere decisioni per tutti senza una piena democrazia interna.
La disciplina di partito deve essere valida per tutti i membri del partito marxista-leninista, senza eccezioni. I compiti assegnati dal partito marxista-leninista al singolo membro devono essere recepiti e portati a termine, senza titubanze, senza scuse infantili. Qui c’è da guidare la classe operaia al socialismo e i membri dell’avanguardia devono essere adatti e pronti per il loro ruolo nei confronti della classe. In caso contrario, il partito non saprebbe che farsene di tali membri.
Dice Lenin,
via via che si forma nel nostro paese un vero partito, l’operaio cosciente deve imparare a distinguere tra la psicologia del combattente dell’esercito proletario e la psicologia dell’intellettuale borghese che fa sfoggio di fraseologia anarchica: deve imparare a esigere che gli obblighi che incombono al membro di partito siano adempiuti non soltanto dai semplici gregari, ma anche da coloro che stanno in alto.
Il partito marxista-leninista, quindi, accoglie in sé gli elementi più di avanguardia della futura società socialista e, mentre guida la classe operaia al socialismo, ha il compito di educarla e di organizzarla affinché sia pronta per il cambio di società.
L’unità ideologica del proletariato, di per se stessa, non basta per assicurare la vittoria, diceva Lenin; per vincere, è indispensabile cementare l’unità ideologica mediante l’unità materiale dell’organizzazione del proletariato. Soltanto a questa condizione - Lenin pensava - il proletariato può diventare una forza invincibile.
Come vedete, quindi, la questione del partito era già stata analizzata, sviscerata da Lenin in tutti i suoi elementi molto tempo prima dell’intervento di Trotsky. E Stalin riprende e riprenderà le linee guida di Lenin sul partito difendendole nei decenni successivi.
Relativamente al periodo storico che va da marzo ad aprile 1917, periodo subito successivo al rovesciamento dello zarismo, possiamo dire che i Soviet erano prevalentemente sotto il controllo dei difensisti, ovvero di coloro che erano favorevoli a continuare la guerra in base all’argomento che si trattava di una guerra di difesa nazionali. I difensisti erano i menscevichi, i socialisti-rivoluzionati (di destra), poiché i bolscevichi, i socialisti-rivoluzionari di sinistra, i menschevichi internazionalisti (frazione di Martov) e i socialdemocratici internazionalisti (gruppo di Gorkij) avevano l’obiettivo della pace.
Dobbiamo anche dire che in questo periodo marzo-aprile 1917, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari erano preponderanti nei Soviet. Ciò cambierà successivamente a causa dell’entrata dei due gruppi nel governo provvisorio borghese.
La rivoluzione borghese aveva vinto e, dice Stalin,
quando la notizia che la rivoluzione era vittoriosa a Pietrogrado si diffuse nelle altre città e al fronte, gli operai e i soldati, dappertutto, cominciarono a destituire i funzionari zaristi. La rivoluzione democratico-borghese di febbraio aveva vinto.
Scriveva Lenin su questo evento:
la rivoluzione è stata compiuta dal proletariato; è il proletariato che ha dato prova di eroismo, che ha sparso il sangue, che ha portato dietro a sé le più larghe masse dei lavoratori e della popolazione povera.
Apparvero i Soviet, e il 27 febbraio si formò quello di Pietrogrado.
La commissione del comitato centrale del partito ci descrive questi passaggi storici:
Mentre i bolscevichi assumevano la direzione immediata della lotta delle masse nelle strade, i partiti di conciliazione, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, si impossessavano dei seggi di deputato nei Soviet, stabilendovi la loro maggioranza. In parte aveva contribuito a questa situazione, il fatto che la maggioranza dei capi del partito bolscevico si trovava in prigione e in esilio (Lenin, nell’emigrazione, Stalin e Sverdlov deportati in Siberia), mentre i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari passeggiavano liberamente per le vie di Pietrogrado. Così avvenne che a capo del Soviet di Pietrogrado e del suo Comitato Esecutivo, si trovarono i rappresentanti dei partiti di conciliazione: menscevichi e socialisti-rivoluzionari.
Continua la commissione:
Il popolo armato, gli operai e i soldati, inviarono i loro rappresentanti al Soviet, consideravano il Soviet come l’organo del potere popolare. Essi pensavano, erano convinti che il Soviet dei deputati operai e soldati avrebbe realizzato tutte le rivendicazioni del popolo rivoluzionario e che, innanzi tutto, sarebbe stata conclusa la pace.
Ma l’eccessiva ingenuità degli operai e soldati doveva giuocar loro un brutto scherzo. I socialisti-rivoluzionari e i menscevichi non pensavano neppure lontanamente a porre fine alla guerra, a ottenere la pace, ma intendevano utilizzare la rivoluzione per continuare la guerra.
In quanto alla rivoluzione e alle rivendicazioni rivoluzionarie del popolo, i socialisti rivoluzionari e i menscevichi ritenevano che la rivoluzione fosse già bell’e compiuta e che ormai si trattasse solo di consolidarla e di porsi sulla via di una coesistenza costituzionale, «normale», con la borghesia.
Vediamo tutto questo passaggio storico, e ci come menscevichi e socialisti-rivoluzionari si accomodano alla corte della borghesia:
Il 27 febbraio (12 marzo) 1917, i deputati liberali della Duma di Stato, dopo essersi concertati dietro le quinte con i capi dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, costituirono il Comitato provvisorio della Duma, con a capo Rodzianko, presidente della IV Duma, monarchico e grande proprietario di terre. Alcuni giorni dopo, il Comitato provvisorio suddetto e i capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi del Comitato Esecutivo del Soviet dei deputati operai e soldati, si misero d’accordo tra di loro, all’insaputa dei bolscevichi, per formare un nuovo governo della Russia, il Governo provvisorio borghese, con a capo il principe Lvov, che lo zar Nicola II, prima della rivoluzione di febbraio, aveva pensato di nominare suo primo ministro. Nel Governo provvisorio entrarono il capo dei cadetti, Miliukov, il capo degli ottobristi, Gutsckov, altre personalità della classe dei capitalisti, e, infine, il socialista-rivoluzionario Kerenski, introdottovi come rappresentante della «democrazia».
Ecco come i capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi del Comitato Esecutivo del Soviet consegnarono il potere alla borghesia. Il Soviet dei deputati operai e soldati, messo al corrente della cosa, approvò a maggioranza l’attività dei dirigenti socialisti-rivoluzionari e menscevichi, nonostante le proteste dei bolscevichi. Ecco come fu formato il nuovo potere statale in Russia, composto, come diceva Lenin, dai rappresentanti «della borghesia e dei grandi proprietari fondiari imborghesiti».
Ma, accanto al governo borghese, esisteva un altro potere: il Soviet dei deputati operai e soldati. I deputati soldati erano soprattutto dei contadini mobilitati. Il Soviet dei deputati operai e soldati era l’organo dell’alleanza degli operai e dei contadini contro il potere zarista e, nello stesso tempo, l’organo del loro potere, l’organo della dittatura della classe operaia e dei contadini.
Da questo fatto derivava un originale intreccio di due poteri, di due dittature, la dittatura della borghesia, rappresentata dal Governo provvisorio, e la dittatura del proletariato e dei contadini, rappresentata dal Soviet dei deputati operai e soldati. Vi era il dualismo del potere.
Ciò che Stalin chiama “conflitto fra le due dittature”.
Come mai, allora, i Soviet erano in mano ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari? È ciò che succede sempre e su cui bisogna porre moltissima attenzione, e Lenin ce lo ricorda, ovvero:
un’ondata piccolo-borghese formidabile aveva tutto travolto, aveva sommerso il proletariato cosciente, non solo con il suo numero, ma anche con la sua ideologia, ossia aveva contaminato larghissimi strati operai, trasmettendo loro le sue concezioni politiche piccolo-borghesi.
In altre parole, milioni di uomini si erano svegliati dal torpore e avevano varcato l’arena politica senza però alcuna preparazione teorica e politica, erano facilmente finiti in mano alle quinte colonne della borghesia, ovvero menscevichi e socialisti-rivoluzionari.
Di conseguenza, come riporta Stalin:
la vecchia piattaforma prerivoluzionaria del rovesciamento diretto del governo era chiara e precisa, ma non era più adatta alle nuove condizioni di lotta. Non si poteva più rovesciare direttamente il governo, poiché esso era legato ai Soviet, che erano sotto l'influenza dei difensisti, e il partito avrebbe dovuto condurre una guerra che non era in grado di combattere, sia contro il governo, sia contro i Soviet. Non si poteva tuttavia neppure condurre una politica di appoggio al governo provvisorio, poiché questo era il governo dell'imperialismo. Era necessario un nuovo orientamento del partito nelle nuove condizioni di lotta.
Si era rovesciato lo zarismo, il governo provvisorio era in carica ed era legato ai Soviet i quali erano influenzati dai menscevichi e socialisti-rivoluzionari di destra, dai difensisti, e il partito bolscevico non poteva combattere entrambi e tantomeno appoggiare il governo provvisorio. In gran parte, lavoratori e contadini poveri seguivano i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra, e si poteva indirizzarli verso i bolscevichi solo con la parola d’ordine della pace. Bisognava però staccare le masse da questi gruppi alleati della borghesia, e da sola la parola d’ordine pace avrebbe condotto il partito verso una posizione di natura pacifista se non aggregata a qualcos’altro.
Scrive Lenin in “la guerra e la rivoluzione” pubblicato nel magio del 1917:
Il "difensismo rivoluzionario" consiste nel giustificare la guerra con il pretesto che noi abbiamo fatto la rivoluzione, che siamo quindi un popolo rivoluzionario, che siamo una democrazia rivoluzionaria. Ma quale è la nostra risposta, se ci si interroga su questo punto? Quale rivoluzione abbiamo fatto? Abbiamo rovesciato Nicola II. Questa rivoluzione non è stata troppo ardua rispetto a quella che dovrà rovesciare la classe dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Chi ha preso il potere, dopo la nostra rivoluzione? I grandi proprietari fondiari e i capitalisti, cioè le stesse classi che sono al potere in Europa da molto tempo.
Quindi, come adattare la linea politica pre-rivoluzionaria del partito bolscevico alla fase post-rivoluzionaria, intendendo la rivoluzione borghese di febbraio 1917? E tenuto conto della situazione nei Soviet?
Su questo rispose Lenin, indirizzando il partito con le sue Tesi d’Aprile.
Scrive Lenin:
Nel nostro atteggiamento verso la guerra, che, da parte della Russia, anche sotto il nuovo governo di Lvov e soci, rimane incontestabilmente una guerra imperialistica di brigantaggio, in forza del carattere capitalistico di questo governo, non è ammissibile la benché minima concessione al "difensismo rivoluzionario".
Il proletariato cosciente può dare il suo consenso ad una guerra rivoluzionaria che giustifichi realmente il difensismo rivoluzionario solo alle seguenti condizioni: a) passaggio del potere al proletariato e agli strati più poveri dei contadini che si schierano dalla sua parte; b) rinuncia effettiva, e non verbale, a qualsiasi annessione; c) rottura completa ed effettiva con tutti gli interessi del capitale.
È importante sottolineare che in questo passaggio Lenin pone l’accento sul passaggio del potere al proletariato e ai contadini poveri, con la classe operaia classe dirigente. Non solo sugli operai come dicono Trotsky e i trotskisti. È abbastanza scontato che la classe operaia da sola non avrebbe mai potuto conquistare il potere senza i contadini dalla sua parte. Trotsky rimane invece su posizioni anti-leniniste anche per pochezza teorica. Il suo motto “Via lo zar, governo operaio” indica una insufficienza teorica disastrosa. Vuol dire provare a fare una rivoluzione senza i milioni di contadini poveri in Russia. Un fallimento assicurato.
Continua Lenin nelle sue Tesi:
Data l'innegabile buona fede di larghi strati dei rappresentanti delle masse favorevoli al difensismo rivoluzionario, che accettano la guerra come una necessità e non per spirito di conquista, e poiché essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna spiegar loro con particolare cura, ostinazione e pazienza, l'errore in cui cadono, svelando il legame insolubile fra il capitale e la guerra imperialistica, dimostrando che è impossibile metter fine alla guerra con una pace veramente democratica, e non imposta con la forza, senza abbattere il capitale.
Continua Lenin:
L'originalità dell'attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima fase della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa dell'insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato, alla sua seconda fase, che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini.
Terzo punto di Lenin:
Non appoggiare in alcun modo il Governo provvisorio [al contrario di ciò che hanno fatto poi menscevichi e socialisti-rivoluzionari], dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni. Smascherare questo governo, invece di "rivendicare" - ciò che è inammissibile e semina illusioni - che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialistico.
Quarto punto:
Riconoscere che il nostro partito è in minoranza [come abbiamo esposto precedentemente], e costituisce per ora un'esigua minoranza, nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunistici piccolo-borghesi, che sono soggetti all'influenza della borghesia e che estendono quest'influenza al proletariato: dai socialisti-popolari e dai socialisti-rivoluzionari fino al Comitato di organizzazione.
Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma possibile di governo rivoluzionario e che, pertanto, fino a che questo governo sarà sottomesso all'influenza della borghesia, il nostro compito potrà consistere soltanto nello spiegare alle masse in modo paziente, sistematico, perseverante, conforme ai loro bisogni pratici, agli errori della loro tattica.
Fino a che saremo in minoranza, svolgeremo un'opera di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai, perché le masse possano liberarsi dei loro errori sulla base dell'esperienza.
Quinto punto:
Niente repubblica parlamentare - ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe un passo indietro - ma Repubblica dei Soviet di deputati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini in tutto il paese, dal basso in alto.
Sopprimere la polizia, l'esercito e il corpo dei funzionari.
Lo stipendio dei funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento - non deve superare il salario medio di un buon operaio.
Sesto punto:
Nel programma agrario spostare il centro di gravità sui Soviet dei deputati dei salariati agricoli.
Confiscare tutte le grandi proprietà fondiarie.
Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione di Soviet locali di deputati dei salariati agricoli e dei contadini. Costituire i Soviet dei deputati dei contadini poveri. Fare di ogni grande tenuta un'azienda modello coltivata per conto della comunità e sottoposto al controllo dei Soviet dei deputati dei salariati agricoli.
Settimo punto:
Fusione immediata di tutte le banche del paese in un'unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai.
Ottavo punto:
Il nostro compito immediato non è l'"instaurazione" del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai.
Nono punto:
Compiti del partito:
- convocare immediatamente il congresso del partito;
- modificare il programma del partito, principalmente:
- sull'imperialismo e sulla guerra imperialistica;
- sull'atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello "Stato-Comune"
- emendare il programma minimo, ormai invecchiato;
- cambiare il nome del partito.
Decimo punto:
Rinnovare l'Internazionale.
Prendere l'iniziativa della creazione di un'Internazionale rivoluzionaria contro i socialsciovinisti e contro il "centro".
Concludiamo ricordando che l’ultima parte del testo di Stalin dove si sottolineano i misfatti di Trotsky in battaglia sono già stati esposti nelle lezioni precedenti su “Dialogando su Stalin”. La prossima lezione su questo testo sarà sul “periodo della mobilitazione rivoluzionaria della masse” nel periodo maggio-agosto 1917.
Articoli correlati (da tag)
- Lenin: tre fonti e tre parti integranti del marxismo. Materialismo storico
- VI congresso e la fallita offensiva di Kornilov
- Lenin: tre fonti e tre parti integranti del marxismo. Dialettica e materialismo
- La rivoluzione si mobilita e i bolscevichi entrano nella clandestinità
- La guerra e la rivoluzione